La storia del segreto dell’olio di Walid Daqqa

Recensione di Alessandra Amorello

La storia del segreto dell’olio è un romanzo per ragazzi di Walid Daqqa pubblicato in lingua araba dall’Istituto Tamer nel 2018 con le illustrazioni di Fuad Al Yamani. Nello stesso anno vince il premio Etisalat come miglior libro per ragazzi. In Italia viene pubblicato nel 2020 da Atmosphere libri, con la traduzione di Federica Pistono.

Il TAMER Institute for Community Education è un’organizzazione non governativa senza scopo di lucro fondata nel 1989 a supporto della comunità palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, con lo scopo di incoraggiare le opportunità per bambini e giovani.

Il romanzo narra le vicende del dodicenne Jud, concepito con lo sperma del padre trafugato dalla prigione clandestinamente. Jud sta per incontrare il padre per la prima volta, ma la visita viene annullata per motivi di sicurezza e quindi non è più autorizzato a recarsi presso il carcere dove l’uomo risiede. La notizia genera nel ragazzo profonda disperazione, la sua voce rimbalza fra le alture e le valli: “Voglio andare a trovare papà… Voglio fargli visita… Voglio vedere papà[1]!”.

A consolare Jud c’è un gruppo di animali parlanti: il coniglio Sammur, l’uccello Abu Risha, il gatto Khanfur e il cane Abu Nab. Gli animali prestano ascolto alla storia del ragazzo e ne condividono le preoccupazioni, palesando il proprio desiderio di libertà. Stanchi dell’oppressione a cui sono sottoposti, il gruppo escogita un piano per oltrepassare il muro della divisione, che separa gli israeliani dai palestinesi della Cisgiordania.

Ben presto però Jud si rende conto dell’impossibilità di portare a termine l’impresa, che si rivela altamente rischiosa: senza l’autorizzazione dell’esercito è impossibile oltrepassare il muro. La svolta arriva quando l’asino Burat lo invita a recarsi da Umm Rumi, un albero di ulivo vecchio millecinquecento anni che possiede la soluzione al suo problema. A contatto con l’albero, Jud ne conosce la storia, l’ulivo millenario gli svelerà il segreto dell’olio sacro: se strofinato sulla pelle, l’olio lo renderà invisibile e quindi potrà visitare il padre.

Ed è così che viene messo in atto un nuovo piano: in un paio di giorni Umm Rumi verrà sradicata dalla Cisgiordania e trasferita presso Afula, Jad e i suoi amici si nasconderanno nel tronco e aspetteranno il trasferimento per poi recarsi presso il carcere senza essere visti grazie al dono dell’invisibilità.

Le proprietà dell’olio funzionano e quando Jud si avvicina alla cella del padre, questi teme di aver perso la ragione poiché una voce gli dice “Sono Jud, papà. Jud[2]”. Nelle pagine che seguono il protagonista è impegnato a “cercare la conoscenza”: quale sarà il vero scopo dell’olio miracoloso?

Pur essendo un romanzo per ragazzi, La storia del segreto dell’olio indaga le sfortunate circostanze di chi è costretto a subire le conseguenze dell’occupazione, e in tal senso è emblematico il cenno all’autore, la cui vita è strettamente collegata a quella del romanzo.

Walid Daqqa è un palestinese con cittadinanza israeliana nato a nella città di Baqah al Gharbiyah nel 1961. Per via della sua attività politica e del presunto coinvolgimento nell’uccisione di un soldato israeliano, nel 1988 l’autore è condannato all’ergastolo.

Durante la prigionia lo scrittore si sposa con la giornalista Sanaa Salameh, consegue una laurea, un master e prosegue l’attività culturale pubblicando articoli sulla stampa palestinese.

La storia di Jud dunque è concepita all’interno del carcere e si inserisce pienamente nella letteratura di prigionia (Adab al-suğūn), sia a livello “fisiologico” – come il padre di Jud, all’autore è negata la libertà – ma anche dal punto di vista dei temi trattati. Se da un lato l’autore esprime la frustrazione della prigionia e ne denuncia le ingiustizie tramite la “tortura” di non poter vedere il figlio, allo stesso tempo però la gioventù del protagonista è una speranza di libertà: “scriverò finché non sarò scarcerato nella speranza di poter liberare me stesso”.

Un altro tema che emerge nel romanzo è l’attaccamento alla terra, simboleggiato dall’albero di ulivo. Il simbolo della terra e dei suoi frutti compare sovente nell’opera di scrittori e scrittrici palestinesi. Nelle opere di Gassan Kanafani, ad esempio, l’attaccamento del contadino palestinese alla sua terra, all’albero, e soprattutto all’ulivo, compare ripetutamente[3]. In Uomini sotto il sole Abu Qays, uno dei protagonisti, sogna di piantare un paio di germogli di ulivo, in Palestina o in Kuwait, dove però non ci sono alberi[4].

Il simbolo dell’ulivo compare in un altro testo per ragazzi أشجار للناس الغائبين (Alberi per gli assenti) di Ahlam Bsharat, dove la protagonista Filistea, il cui padre è imprigionato, assiste allo sradicamento di alcuni alberi di ulivo e si muove alla ricerca di un luogo dove piantare un ricordo per coloro che ha perso.

Anche la scrittrice Liana Badr affronta la questione nel documentario del 2000 dal titolo Zeitounat (Ulivi)in cui racconta proprio il sistematico sradicamento degli alberi di ulivo.

La triste vicenda di Jud, che rappresenta tutti i bambini e le bambine palestinesi, è risolta da Umm Rumi, l’olivo che personifica la saggezza e la speranza in un futuro migliore.


[1] W. Daqqa, La storia del segreto dell’olio, traduzione di Federica Pistono, Roma, Atmosphere libri, 2020, p. 9.

[2] W. Daqqa, La storia del segreto dell’olio, op. cit., p. 63.

[3] Cfr. I. Camera D’Afflitto, Cento anni di cultura palestinese, Roma, Carocci, 2007, p. 89.

[4] Cfr. Gassan Kanafani, Uomini sotto il sole, traduzione di I. Camera D’Afflitto, Palermo, Sellerio, 2001, pp. 23-4.

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