Storie di una Siria tradita di Raad Atly

  Recensione di Federica Pistono

  Sotto le macerie delle nostre case, sotto i bombardamenti aerei, sotto i cingoli dei carri armati, nel crepitio delle pallottole, ai confini del nostro Paese, nell’azzurro del mare, tenendo per mano i nostri cari e invocando i loro nomi, moriamo…

  Raad Atly

  Storie di una Siria tradita (Bianca e Volta, 2018, traduzione di F. Pistono) è una raccolta di sette racconti in cui Raad Atly, giornalista e scrittore siriano, dipinge un affresco vivido e spietato della Rivoluzione siriana, mostrandoci senza sconti la quotidianità di chi vive fra le macerie. Le sette storie scorrono davanti agli occhi del lettore come i capitoli di un romanzo, le parti di un’unica odissea, i fotogrammi di una pellicola che si svolge senza soluzione di continuità, le stazioni di una Via crucis.

  La città di Aleppo e la sua martoriata provincia rappresentano lo scenario in cui sono ambientate le vicende. I personaggi sono uomini e donne comuni, schiacciati tra il regime e i suoi oppositori. La narrazione tratteggia un contesto di cruda violenza, in cui la popolazione siriana si ritrova stretta tra i bombardamenti del dittatore, l’avanzata dei terroristi dell’ISIS e l’azione di bande criminali, composte da individui che sfruttano il pretesto della rivoluzione per commettere delitti brutali, altrettanto crudeli e feroci di quelli perpetrati dai miliziani di al-Asad.

  La Primavera siriana si è sgretolata sotto l’offensiva dell’esercito lealista, da un lato, e le conseguenze delle spaccature e divisioni interne, dall’altro. La rivoluzione è stata osteggiata, tradita, vilipesa, sfruttata; l’ISIS semina morte, il regime infierisce sui civili, l’indifferenza della comunità internazionale uccide più delle armi. La disperazione segue il grande sogno di libertà e democrazia, e quello che resta ai Siriani è un paese in cui non c’è più spazio per la speranza di un mondo migliore, in cui risulta molto difficile distinguere il buono dal cattivo, l’amico dal traditore.

  La città di Aleppo è divisa in due metà, la prima sotto il dominio del regime, la seconda nelle mani dell’Esercito Libero. A unire i due mondi c’è uno stretto passaggio, sorvegliato da cecchini che, sorseggiando erba mate, riscuotono ogni giorno il loro tributo di sangue.

  Quasi ogni famiglia è dilaniata dal conflitto, spesso troviamo il padre contro il figlio, il fratello contro il fratello, il marito contro la moglie. Di fronte al sequestro di un familiare da parte di un gruppo armato, però, il clan si compatta per salvare il congiunto da una fine atroce.

  L’autore conduce il lettore lungo un itinerario infernale, tra campi bruciati, centri commerciali saccheggiati e paesi rasi al suolo dalle bombe, tra i diversi gruppi di potere che si spartiscono il territorio: ovunque regnano l’ipocrisia, la corruzione, la violenza insensata, la burocrazia. In un mondo in cui sono venute meno le regole della convivenza civile e cadute tutte le illusioni, il comune cittadino rischia continuamente di finire imprigionato, torturato, assassinato. Rispetto e dignità sono diventati, in una simile deriva, concetti privi di significato, ogni senso morale è andato perduto. Può capitare addirittura che l’intera popolazione di un villaggio sia sterminata, per puro sadismo, da una banda criminale.  

  La storia di ciascun personaggio è il riflesso di ognuna delle facce del prisma siriano sul quale si è infranta la luce, e con essa la speranza, ogni racconto narra un particolare aspetto del tradimento della Rivoluzione.  

  Ciò che di più terribile si legge in questo libro non è tanto l’indifferenza di fronte al dolore delle persone o l’enormità della violenza descritta, quanto la paura dei Siriani di essere ignorati, dimenticati anche dopo la morte. L’intento dell’autore è probabilmente quello di salvare le vittime almeno dall’oblio.

  L’Autore

  Raad Atly è originario di Aleppo. Ha studiato Letteratura araba all’università della su città e successivamente ha lavorato per diverse testate giornalistiche siriane. Nei suoi articoli ha contestato apertamente il regime della famiglia al-Asad. Perseguitato, è stato costretto a lasciare la Siria con la famiglia, trovando rifugio in Turchia. Resosi conto dell’impossibilità di tornare in patria, si è trasferito in Germania, dove attualmente vive.  Continua a testimoniare con i suoi scritti il dissenso al regime e ha avviato un importante progetto editoriale, Mariam Magazine, la prima rivista pensata per i bambini arabi che vivono in Europa.

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