Mansoura Ez Eldin

Articolo di Federica Pistono

  Mansoura Ez Eldin (Manṣūrah ̔ Izz al-Dīn) è nata in Egitto nel 1976.

  Ha studiato giornalismo presso l’Università del Cairo, laureandosi nel 1988, e da allora ha pubblicato racconti su vari giornali e riviste. Attualmente è vice caporedattrice del settimanale culturale Akhbar Al-Adab. Alcuni suoi articoli sono apparsi anche su testate internazionali come il New York Times.

  Ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti nel 2001, quindi altre due raccolte di racconti e sei romanzi. Le sue opere sono state tradotte in diverse lingue.

  Ha vinto premi alla Fiera Internazionale del Libro del Cairo nel 2014 e alla Fiera Internazionale del Libro di Sharjah nello stesso anno per Ğabal al-zumurrud. Il suo secondo romanzo, Warā’ al-firdaws, è stato selezionato per l’Arabic Booker Prize nel 2010, come pure il suo romanzo del 2020, Basātīn al-Baṣrah.

  Nel 2009, è stata selezionata per Beirut39 come uno dei trentanove migliori autori arabi di età inferiore ai 40 anni. Ha partecipato anche alla Nadwa inaugurale (laboratorio degli scrittori) organizzata dal Premio internazionale per la narrativa araba ad Abu Dhabi.

  Oltre il paradiso (Warā’ al-firdaws), 2009.

  Il romanzo, pubblicato in italiano con il titolo Oltre il paradiso, Piemme, 2013, traduzione di V. Colombo, si presenta come una grande saga familiare nell’Egitto rurale: l’epopea di tre generazioni, uno spaccato di storia egiziana degli ultimi decenni. L’opera è anche un romanzo di formazione, che ripercorre le tappe del processo di crescita e maturazione di una giovane donna, la protagonista Salma.

  Al centro del romanzo sono le donne, dalla matriarca Rahma alle giovani Gamila e Salma, attraverso i cui occhi la scrittrice vuole rileggere il vecchio mondo in cui cultura e superstizioni si intrecciano, l’universo da cui la stessa autrice proviene.

  Leggendo il romanzo, si riceve l’impressione di addentrarsi in un mondo senza tempo, in un contesto storico molto lontano dai giorni nostri, in cui la vita è scandita dalle leggende campestri, dagli spiriti del Nilo, dall’interpretazione di sogni che condizionano l’esistenza. Il lettore segue la vicenda attraverso le fantasticherie di Salma, in un intreccio narrativo in cui è arduo distinguere la realtà dall’immaginazione. Salma torna alla vecchia casa sulle rive del Nilo, la dimora bianca in cui è nata e cresciuta, ma non si tratta di un ritorno felice ai luoghi del cuore. La protagonista è una giovane donna che non riesce a lasciarsi il passato alle spalle e decide, pertanto, di tornare nelle campagne immobili che l’hanno vista bambina, spinta dal desiderio di sciogliere antichi nodi affettivi che la privano della serenità. Salma ripercorre le tappe della sua vita attraverso il “romanzo” che sta scrivendo, un esercizio forzato che la sua analista le ha consigliato di fare per attenuare il disagio che la perseguita e che affonda le radici in un passato irrisolto. Così, poco a poco, riemergono le memorie del passato, il rapporto con il padre, i legami familiari, il sodalizio spezzato con l’amica del cuore dell’infanzia e dell’adolescenza, Gamila. Ed è proprio nella relazione con Gamila che forse si trova la chiave della perdita della serenità.

  Fin da piccole erano inseparabili e diversissime: Salma amava essere al centro dell’attenzione, Gamila, timidissima, riservata, preferiva rendersi invisibile. Un giorno, però, tutto è cambiato: Gamila se n’è andata, ha studiato, è diventata una donna indipendente, moderna, è riuscita a liberarsi dal peso del mondo ancestrale e magico della campagna. Salma, invece, è rimasta sola a “impilare i giorni uno sull’altro”, senza mai viverli davvero. Poi, anche Salma è partita, ha lasciato il villaggio, ma ora è costretta a tornarvi dopo l’insuccesso della propria vita: un matrimonio fallito, un’esistenza vuota e carica di rimpianto, una miriade di conflitti emotivi.

 Ma adesso, nell’ombra della sua antica stanza, è arrivato per Salma il momento di prendere in mano la sua vita. C’è un modo per farlo: mettere sulla carta ciò che prova, scrivere la sua storia, quella della sua famiglia e liberarsi così del dolore che le ha impedito di vivere. Così, la protagonista narra una storia d’amore, una storia del corpo, una storia delle classi sociali all’interno del suo villaggio, una storia di follia e una storia di scrittura. Attraverso questo processo di ricerca della propria identità, a Salma sembra di essere scissa in due persone: una che osserva e racconta nel presente, l’altra che scava freneticamente nelle profondità nascoste della memoria.

Sarà il potere catartico delle parole a guarirla e a restituirla a se stessa.

 La Montagna di Smeraldo (Ğabal al-zumurrud), 2014

 Ğabal al-Zumurrud (la Montagna di Smeraldo) ha ricevuto il titolo di miglior libro al 33° Salone di Sharjah. Il pluripremiato romanzo è in gran parte ispirato a Le mille e una notte.

 La trama ruota intorno a due storie parallele le cui vicende si intrecciano e si sovrappongono, come se la nuova storia, quella attuale, venisse a colmare i vuoti della vecchia.

ll critico Ammar Ali Hassan sottolinea i vantaggi di lavorare in questo modo su un testo aperto che consente aggiunte e modifiche senza tradire l’opera originale. Questo testo classico è infatti il ​​frutto di contributi sovrapposti di leggende persiane, indiane, siro-libanesi, irachene ed egiziane, accumulatesi nel corso dei secoli, che hanno influenzato fortemente il patrimonio culturale umano, diventando una fonte inesauribile di ispirazione per scrittori orientali e occidentali. 

  Mansoura Ez Eldin si prende così la libertà di correggere alcune informazioni della storia originale, così come ci è pervenuta: “Sheherazade non sapeva che la storia di Zumurruda, così come l’ha raccontata a Shahrayar, è in realtà solo una distorsione della vita di una vera principessa che viveva nel reame di Qaf. Questa vita è svanita, lasciando dietro di sé solo una storia soggetta a continue deformazioni”.

  La missione della scrittrice, attraverso la voce narrante, è quella di epurare il racconto de Le Mille e una notte da ogni digressione, arrogandosi il diritto di rettificare o completare certi passaggi.

  La vicenda prende le mosse da una ricerca storica. Una giovane donna che risiede al Cairo conduce una ricerca sulla vera storia di Zumurruda, principessa del paese do Qaf, all’origine della distruzione del reame di suo padre e della dispersione degli abitanti del paese. La ricercatrice raggiunge il suo scopo soltanto dopo inenarrabili avventure e incessanti colpi di scena, in un continuo andirivieni tra tempi e luoghi diversi, in un mondo fantastico ammantato di magia.

  Il romanzo non è tradotto in italiano.

  I giardini di Bassora (Basātīn al-Baṣrah), 2020

  Il romanzo, inserito nella long list dell’IPAF 2021, è ambientato in due diverse epoche storiche. Nell’odierna Minya, in Egitto, Hisham al-Khattab è un giovane commerciante di manoscritti affascinato dai libri antichi. Hisham è laureato in chimica ma è disoccupato, vive con la madre frustrata, trova rifugio nei libri antichi e rari. Ossessionato da un sogno ricorrente, in cui vede angeli discesi dal cielo per cogliere gelsomini nei giardini di Bassora, decide di interpretare il sogno attraverso Il grande libro dell’interpretazione dei sogni, attribuito a Ibn Sirin. Si convince così di essere stato, in una vita precedente, un personaggio di nome Yazid bin Abih, vissuto nell’ottavo secolo d.C. a Bassora, in Iraq. Circa tredici secoli separano i due individui, ma, nella mente disperata di Hisham al- Khattab, si tratta della stessa persona.

  Il sogno introduce il lettore in un ambiente in cui si muovono personaggi importanti di quell’epoca, tra cui Wasil bin Ata e Al-Hasan al-Basri, e altri come Mujeeba, la moglie di Yazid, e il suo amico ‘Adi bin Malek. Fra i personaggi, oltre a Hisham, figurano la madre Leila e l’amico Mirvat, nell’Egitto contemporaneo. Nonostante la pluralità voci narranti e le differenze di tempo e di luogo, i personaggi hanno tutti un tratto in comune: la fede nel potere rivelatore dei sogni, un elemento già trattato dall’autrice nelle opere precedenti.

 Proprio come Hisham, Yazid è un uomo povero con un gran desiderio di conoscenza. A Bassora, Yazid prende parte ai raduni dei Ulama, i teologi più illustri e rispettati del suo tempo, sperando di ricevere qualche briciola di sapienza. Eppure, Yazid, un modesto cestaio, appartiene a un mondo completamente diverso da quello dei saggi, senza alcuna speranza di ricchezza o potere.

  Come Hisham, anche Yazid attribuisce un’estrema importanza ai sogni e alla loro interpretazione. Come Hisham, anche Yazid ha un sogno ricorrente: vede fiori di gelsomino spuntare nei giardini di Bassora.

 Il ricco amico di Yazid, Malek bin Oudi, è un famoso interprete dei sogni del suo tempo, consultato da molte persone. Secondo Il grande libro dell’interpretazione dei sogni, attribuito all’Imam Ibn Sirin, i fiori di gelsomino indicano un cattivo presagio. E quando Yazid racconta il suo sogno a Malek, questi rimane costernato, poiché i gelsomini annunciano disgrazie, angoscia e tristezza.

  L’interpretazione del sogno segna l’inizio della fine, per Yazid e Hisham, perché entrambi finiscono per commettere crimini che mettono fine alla loro vita.

 Nella narrazione, sogno e realtà coincidono e i confini tra ragione e follia diventano pericolosamente sottili. Come la vita di Yazid bin Abih, anche la vita di Hisham è contaminata dalla violenza.

  Con la sua scrittura fluida e affascinante, Mansoura Ez Eldin passa agevolmente dall’Egitto contemporaneo all’antico Iraq, dipingendoli con pochi ma efficaci dettagli, sicché le scene sembrano prendono vita e animarsi nella mente del lettore.

 Questo bellissimo romanzo sottolinea il doloroso contrasto tra lo splendore della Bassora di ieri e il destino funesto della Bassora contemporanea – dove i lutti e le bombe hanno sostituito gli angeli.

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