Colazione al Cairo sulle ali di una farfalla

Recensione di Barbara Benini

Colazione al Cairo[1] narra le vicende di un gruppo di personaggi che potrebbero essere considerati a mo’ di prototipo delle mille sfaccettature che compongono il mosaico di una società complessa, quale era quella dell’Egitto negli Anni di Mubarak.

La protagonista, la stilista Doha al-Kenāny, è alla ricerca del riscatto di se stessa dalla propria famiglia alto borghese, che l’ha costretta a sposare un illustre membro del partito al governo, assai potente nella vita pubblica, quanto impotente in camera da letto, cosa che l’ha privata della possibilità di essere madre, spingendola invece a ricercare nella carriera di stilista un’affermazione di sé e della propria identità. Doha, in seguito all’incontro casuale con il Prof. Ashraf al-Ziny, stimato architetto e membro del Social Forum, troverà il coraggio di mettersi in gioco, lasciare il marito e la sua gabbia dorata, per diventare una stilista artisticamente matura (e non una fotocopia esotica di quelli occidentali) dall’evidente identità egiziana – la sua collezione si ispirerà ai colori della farfalla tigre, una specie autoctona egiziana, da cui il titolo del testo originale arabo, Agniḥatu-l-farāsha (Le ali della farfalla), uscito per la casa editrice Dar Al Maṣriya Al Lubnāniya nel gennaio 2011 – e un membro attivo della società civile del proprio Paese.

È interessante il titolo scelto da Salmawy, perché si riferisce anche a una delle peculiarità di questo lepidottero che, infatti, è in grado di rimanere allo stadio di baco per lunghissimo tempo, finché le condizioni ambientali non si rendano propizie per la metamorfosi in insetto completo, come appunto, sembra voler dire l’autore, il popolo egiziano che, per trent’anni, ha saputo attendere il momento giusto per ribellarsi.

Ayman al-Hamzāwy e suo fratello ‘Abd al-Sāmad, invece, appartengono al ceto basso del popolo cairota. L’uno, ossessionato dalla ricerca della propria vera madre, l’altro, unicamente interessato alla scalata sociale, con qualunque mezzo, anche la truffa, che lo porterà in seguito al fallimento, alla fuga dalla casa paterna e alla decisione di prostituirsi.

Sia Doha che Ayman, e i personaggi che ruotano loro intorno, riusciranno a raggiungere i propri scopi e all’epilogo delle vicende personali, si ritroveranno tutti in piazza Taḥrir, a partecipare attivamente alle grandi manifestazioni che porteranno al cambiamento di regime del loro Paese.

Colazione al Cairo è un “titian of elegant literature that includes great cultural juice in the arts, music and life, with unequaled professionalism in creating symbols, intensifying emotions, the tracking of human relations and transformations in society”[2] dice Salah Fadl su “Ahram” del 18 gennaio 2011. Il romanzo, uscito con un po’ di anticipo sull’edizione della Fiera Internazionale del Libro del Cairo, la cui apertura era stata prevista per il 28 gennaio 2011, preannuncia, quasi senza volerlo, la Rivoluzione del 25: Salmawy stesso, durante l’incontro con i lettori presso la libreria Diwan in occasione dell’uscita della seconda edizione (Il Cairo, 12 marzo 2011), ha dichiarato di aver temuto, all’inizio, che l’editore non avrebbe mai accettato il rischio di pubblicare un romanzo così realistico come il suo, ma mai si sarebbe aspettato che, quanto da lui descritto, si sarebbe poi veramente verificato di lì a poche settimane[3].

Mohamed Salmawy e Barbara Benini nella libreria Diwan del Cairo

Colazione al Cairo non è un romanzo politico, nel senso che la situazione politica egiziana fa solo da sfondo alle vicende umane dei protagonisti. “Al Jazeera.net” lo ha definito come “il viaggio di un’intera società per salvarsi dalle restrizioni che la limitano, che mutano senza che i propri figli possano realizzare se stessi”[4], tuttavia, all’interno della narrazione, sono abilmente mescolati tutti gli ingredienti che hanno portato allo sconvolgimento popolare realmente verificatosi: la forbice tra ricchi e poveri; la disperazione dei giovani; la repressione delle Forze di Sicurezza; il mancato rispetto dei Diritti Umani; un unico Partito Politico al governo; la corruzione; i tabù della società maschilista, ecc. ‘Abd al-Raḥmān al-Rāshed, sul quotidiano londinese “Al-Shark Al-Awṣat” ha affermato: “se le Autorità Egiziane leggessero romanzi, invece dei rapporti della polizia, probabilmente ciò che si è verificato in piazza Tahrir, affollata di così tanti rivoluzionari, utenti di Twitter e Facebook, da non bastare le prigioni a contenerli tutti, non si sarebbe verificato”[5]. A posteriori, verrebbe da dire che il suo consiglio è stato ampiamente seguito.

Le prime reazioni del Regime, il tentativo di insabbiamento dei fatti sui mass-media, l’intento di convincere la popolazione che si trattasse di un complotto orchestrato all’estero, gli arresti indiscriminati di manifestanti e attivisti politici, tutto questo è stato ben descritto da Salmawy negli ultimi concitati capitoli del romanzo, che accompagnano il lettore verso il lieto epilogo, quando tutti i personaggi, una volta ritrovata la propria identità personale, ora, sulla base di un altro tipo di identità, quella nazionale, si riuniscono per riappropriarsi del proprio Paese.

Il 3 febbraio 2011, in piena Rivoluzione, il quotidiano indipendente “Al-Maṣry Al-Youm” scriveva: “non esageriamo affermando che [Agniḥatu-l-farāsha] si può considerare una testimonianza letteraria e umana sul momento storico che l’Egitto sta vivendo”[6].

Mohamed Salmawy (Egitto 1945) è un intellettuale e famoso scrittore egiziano. È stato Presidente dell’Unione degli Scrittori Egiziani, Segretario Generale dell’Unione degli Scrittori Arabi, capo redattore del settimanale in lingua francese “Ahram Hebdo”, giornalista del quotidiano in lingua araba “Ahram”, scrittore di romanzi e opere teatrali, critico letterario e commentatore politico; è stato Sottosegretario alle Relazione Culturali con l’Estero e Professore di Lingua e Letteratura Inglese alla Facoltà di Lettere dell’Università del Cairo. Alcune delle sue opere sono state pubblicate in inglese, francese, tedesco mentre in italiano sono usciti al-Ganzir-Le catene[7] (Edizioni Corsare, 2009) e due racconti per ragazzi, L’albero di sicomoro[8] (Falzea Editore, 2008) e La porta della fortuna e altri racconti egiziani[9],AA.VV. (Falzea Ed. 2013).


[1] Colazione al Cairo, Mohamed Salmawy, trad. Carmine Cartolano, Giunti 2012

[2] http://english.ahram.org.eg/NewsContent/18/0/4188/Books/New-release–Wings-of-the-Butterfly.aspx

[3] vedi video http://vimeo.com/21271250

[4] http://www.aljazeera.net/NR/exeres/EBB50C85-B404-4C59-BBAB-B6185659F14C.htm

[5] http://www.aawsat.com/leader.asp?section=3&issueno=11752&article=606149

[6] http://www.almasry-alyoum.com/article2.aspx?ArticleID=286400&IssueID=2030

[7] https://www.unilibro.it/libro/salmawy-mohamed/al-ganzir-le-catene/9788887938517

[8] https://www.amazon.it/Lalbero-sicomoro-illustrata-Mohamed-Salmawy/dp/8882962601/ref=sr_1_7?qid=1660835384&refinements=p_27%3AMohamed+Salmawy&s=books&sr=1-7

[9] https://www.falzeaeditore.it/catalogo/narrativa/aa-vv-la-porta-della-fortuna-e-altri-racconti-egiziani

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