Recensione di Federica Pistono
Nawal al Saʻdawi è stata una delle voci più importanti del femminismo arabo, ha dedicato la vita alla lotta contro l’oppressione patriarcale e alla causa dell’emancipazione femminile a livello internazionale, nel mondo arabo, e in particolare nel suo paese, l’Egitto.
È nata a Kafr Tahla, un villaggio nel Delta del Nilo, nel 1931. A sei anni, come tutte le bambine della sua età, ha dovuto subire la mutilazione dei genitali. In Firdaus. Storia di una donna egiziana, l’autrice racconta il trauma della mutilazione genitale femminile. Per tutta la vita, al-Saʻdawi si è battuta strenuamente per l’abolizione di circoncisione femminile, clitoridectomia e infibulazione. Una battaglia che, infine, ha vinto: dal 2008 sono reati perseguibili e punibili dalla legge egiziana.
Riuscendo a sfuggire a un matrimonio precoce e combinato, si è iscritta all’Università di Medicina a Giza, dove si è laureata nel 1955 con il massimo dei voti, per poi specializzarsi in psichiatria.
Nel frattempo l’Egitto era in trasformazione: nel 1952, Gamal Abdel Nasser e gli Ufficiali Liberi attuavano la rivoluzione e prendevano il potere. Nella nuova repubblica egiziana, Nawal al-Saʻdawi ha ottenuto incarichi di rilievo, come direttrice generale del Dipartimento di educazione sanitaria presso il Ministero della Salute e segretaria generale dell’Associazione Medica del Cairo. Tuttavia, a causa del suo attivismo definito da lei stessa “storico, socialista e femminista” e della sua scrittura militante, nel 1972 è stata scacciata dal Ministero. Quello stesso anno aveva infatti pubblicato “Donne e sesso”, un’aperta condanna all’oppressione sessuale delle donne, che aveva suscitato indignazione e riprovazione da parte delle autorità egiziane.
Si è sposata due volte, e ha divorziato due volte: i mariti non accettavano la sua carriera e la sua attività militante. Identificata come una radicale, dalla vita scandalosa e immorale, al-Saʻdawi è stata accusata di apostasia e crimini contro lo Stato. Nel 1981, negli ultimi mesi dell’Egitto di Sadat durante il quale i movimenti religiosi islamisti avevano riacquisito vigore e legittimità, è stata arrestata e imprigionata per tre mesi. In questa occasione, ha scritto il suo diario di prigionia.
Con l’assassinio di Sadat, Nawal al-Saʻdawi è stata liberata, ma le sue opere continuavano a essere censurate in Egitto. Circolavano invece ampiamente a livello internazionale, tradotte in più di trenta lingue. Dopo l’esperienza del carcere, nel 1982 ha fondato la Arab Women’s Solidarity Association, la prima organizzazione indipendente femminista riconosciuta in Egitto. Un’iniziativa che, però, è stata ben presto dichiarata fuorilegge. Dopo un secondo arresto, nel 1993 ha lasciato l’Egitto per trasferirsi in North Carolina, negli Stati Uniti, dove ha insegnato presso la Duke University. Anche dall’estero, Nawal al-Saʻdawi ha portato avanti le sue battaglie, in particolare scagliandosi contro le religioni come strumento di oppressione della donna. Ha criticato l’ipocrisia del femminismo occidentale, ma anche l’utilizzo del velo, generando molte polemiche anche all’interno del movimento femminista.
L’autrice è tornata in Egitto nel 1996, durante la presidenza di Mubarak. Ha continuato a scrivere, insignita di premi e riconoscimenti internazionali (Premio Internacional Catalunya, Council of Europe North-South Prize, Women of the Year Award, Sean MacBride Peace Prize, Ordre national du mérite della Repubblica francese). Nel 2011 ha partecipato alle proteste in Piazza Tahrir contro il regime di Mubarak, unendosi al sogno collettivo di una rivoluzione per un Egitto libero e democratico.
Si è spenta al Cairo nel 2021.
Nawal al-Saʻdawi ha parlato apertamente di sessualità femminile, prostituzione, aborto, violenza fisica e psicologica. È stata un faro del femminismo nel mondo arabo, facendosi portavoce di quella pericolosa verità che le autorità e gli estremisti volevano occultare, ha osato dire alle donne: ribellatevi.
Opere tradotte in italiano:
- Firdaus. Storia di una donna egiziana, Firenze, Giunti,1986, trad. dall’inglese di S. Federici, pp.115.
- Dio muore sulle rive del Nilo, Torino Eurostudio, 1989, trad. dall’inglese di I. Pologruto, pp.179.
- Una figlia di Iside. L’autobiografia di Nawal El Saadawi, Roma, Nutrimenti, 2002, trad. dall’inglese di R. Briccheto, pp.301.
- Dissidenza e scrittura. Conversazione sul mio itinerario intellettuale, Spirali, 2008, trad. M. Mendolicchio, pp. 141.
- L’amore ai tempi del petrolio, Fagnano Alto, Il Sirente, 2009, trad. di M. Macco, introduzione di L. Morgantini, pp.144.
- Zeina, Roma, Atmosphere libri, 2018, trad. F. Pistono, pp.240.
- Memorie di una donna medico, Roma, Fandango, trad. S. Dell’Anna, 2019, pp. 141.
- L’amore ai tempi del petrolio, Roma, Fandango, trad. S. Dell’Anna, 2020.
Zeina

Il romanzo narra la storia di due donne, Budur e Zeina, madre e figlia, e il loro diverso approccio con la società patriarcale egiziana.
Budur, docente universitaria e famoso critico letterario, è imprigionata in un matrimonio infelice.
Prima di sposarsi, ha vissuto una storia d’amore segreta con un giovane rivoluzionario, Nassim, arrestato come prigioniero politico e ucciso in carcere. Dalla relazione è nata una figlia, Zeina, che la madre, incapace di affrontare la situazione, ha abbandonato su un marciapiede. La bambina, cresciuta in strada, ha conosciuto la violenza e la prepotenza, ma ha imparando non solo a sopravvivere, ma a vivere a testa alta. Circondata da un mondo crudelmente misogino, Zeina ha imparato a difendersi dalle aggressioni maschili fin dalla più tenera età, rifiutando il ruolo di vittima. Una maestra, a scuola, ha scoperto il suo straordinario talento e l’ha avviata a una brillante carriera di cantante e ballerina.
Dopo aver abbandonato la figlia, Budur ha sposato Zakariyya, un famoso giornalista, vivendo un matrimonio fatto di grigiore e ipocrisia. Dall’unione è nata una bambina, Magida, che ha frequentato la stessa scuola di Zeina, di cui è divenuta amica. Mentre Magida è cresciuta nel salotto letterario della madre, diventando, con l’aiuto dei genitori, una giornalista, Zeina ha studiato musica, canto e danza.
Giunta alla mezza età, Budur inizia a scrivere un romanzo, che in realtà rappresenta un tentativo di auto-analisi. Il manoscritto viene misteriosamente rubato e l’indagine sullo strano furto costringe la donna a un oscuro viaggio nel proprio passato e a un drammatico confronto con i propri errori giovanili, primo fra tutti l’abbandono di Zeina.
Zeina, ormai adulta, è diventata un’artista di successo: bella, forte, profonda, coraggiosa, appare come l’antitesi della madre, debole e problematica. Pur circondata da corteggiatori, ne ignora le avances e vive lontana dagli uomini: come ha dovuto un giorno crescere senza padre, può oggi fare a meno di un marito, di un amante. Lancia un messaggio chiaro: è possibile, per una donna, vivere senza un uomo, lontana dai compromessi.
Dal romanzo emerge un’immagine impietosa della società egiziana, descritta in tutti i suoi vizi: corruzione, vanità, avidità, falsa meritocrazia, ipocrisia, maschilismo.
I personaggi maschilisono tutti negativi, autentici ricettacoli di vizi e difetti. A cominciare dal padre di Budur, che abusa della figlia come di altri bambini, ponendosi all’origine di tutte le turbe psichiche che affliggeranno la donna per la vita intera, per proseguire con il marito Zakariyya, anch’egli pedofilo e, all’occorrenza, stupratore di bambini. Il personaggio peggiore è di gran lunga l’Emiro, il cugino di Budur, capo di un gruppo di terroristi di matrice islamista in realtà colluso con il governo.
L’unico personaggio che si salva è quello di Nassim, l’innamorato giovanile di Budur e padre di Zeina. Non per niente viene barbaramente assassinato.
Più interessante e variegato il mondo dei personaggi femminili, fra i quali spiccano, naturalmente, quello sconfitto, debole, ipocrita e pur molto sofferente di Budur, e quello forte, adamantino e pur gelido di Zeina.
Budur è un personaggio che si nutre di contraddizioni. Da un lato opportunista e superficiale, dall’altro estremamente tormentata e sofferente.
È senz’altro una vigliacca quando teme di vivere pienamente il suo amore con Nassim, non volendo affrontare gli aspetti sgradevoli della vita, come la disapprovazione dei genitori che la precipiterebbe nella povertà. È una vigliacca quando abbandona sul marciapiede la figlia neonata. È una vigliacca quando accetta di sposare Zakariyya, un uomo che non ama. Si crogiola nel lusso ma sogna l’amore in un seminterrato, teme Dio ma si abbandona a piaceri che considera colpevoli, sogna la libertà ma, in realtà, non vuole ottenerla. Ma è anche una vittima, stuprata dal padre da bambina, derubata del suo unico amore, rinchiusa in un matrimonio fatto di ipocrisia, odio e tradimenti.
Zeina rifiuta la freddezza dei rituali religiosi, che percepisce come aridi e distanti, mentre esalta l’amore e la comprensione tra le persone. Zeina è soprattutto una femminista, che vuole dimostrare al mondo come una donna giovane e bella possa vivere senza l’amore di un uomo.
Dalla sua lotta con la società maschilista, Zeina esce apparentemente vincitrice: non scende a compromessi, non si sposa, respinge i numerosi corteggiatori senza concedere nulla di sé, nemmeno i pensieri. Ma la sua è una vita di una freddezza agghiacciante.
Forse la società ha avuto la meglio su madre e figlia, nessuna delle quali riesce a essere davvero felice.
Il tema centrale del romanzo è quello del maschilismo della società araba in generale ed egiziana in particolare: un mondo a misura d’uomo, non di donna. La donna deve sempre lottare con le sovrastrutture di questa società misogina, scendere a compromessi, combattere per affermare se stessa come essere umano e mente pensante, oltre che come oggetto di desiderio maschile. Questo rapporto con la società viene affrontato in modo diametralmente opposto dalle due donne: la madre è sconfitta nello scontro. Si lascia condizionare dal perbenismo e dal maschilismo al punto di abbandonare la figlia neonata, poi finisce di rovinarsi, accettando uno squallido matrimonio di convenienza. L’apparenza è salva, ma, nell’intimo, è una donna annientata, lacerata, devastata.
Dal punto di vista stilistico, il romanzo presenta una costruzione moderna, è una mescolanza di flashback, salti temporali, confessioni sul lettino dello psicanalista, ricordi, sogni ricorrenti.
Il tempo reale non è considerato, esiste solo quello psicologico, agli avvenimenti narrati si intrecciano spesso monologhi interiori, sensazioni, analisi della protagonista da mille punti di vista, per farci conoscere Zeina attraverso il pensiero di tutti i personaggi, anche se l’autrice, abilissima nello scavare e portare alla luce i segreti di tutti, evita di addentrarsi nella mente della protagonista.
La lingua è l’arabo classico per quanto riguarda la cornice del romanzo, il dialetto egiziano per quanto concerne i dialoghi.
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