L’impossibile non è libanese: il museo Henry BB

Articolo di Ici Beyrouth

Traduzione di Antonino d’Esposito

Nel paese dei cedri è ancora possibile imbattersi in sognatori incalliti, gente che realizza quello che, di primo acchito, sembrerebbe insensato. È il caso di Henry Louissan e per lui è stato così fin dall’adolescenza, un periodo in cui i ragazzi preferirebbero sicuramente farsi inebriare dalla vita e dal dolce far niente. 

Questo giovane artista, creatore di gioielli, non ha mai perso di vista il suo sogno più folle: possedere una casa dal carattere tipicamente libanese, identica a quelle che hanno fatto la storia di Beirut, con le loro facciate dalle trifore luminose.

Innamorato della capitale, che girava in lungo e largo, Henry, dall’animo da esteta e dal fiuto d’artista, ne seguiva costantemente l’evoluzione o, per meglio dire, l’involuzione. Il tempo scorreva e il giovane artigiano metteva da parte tutti i suoi risparmi per arrivare ad accumulare il prezioso gruzzolo che gli avrebbe permesso di realizzare il sogno. Sui terreni bramati da imprenditori insaziabili, le antiche dimore beirutine venivano smantellate ovunque. Porte, finestre gigantesche, vecchi pavimenti, putti di marmo, fregi di gigli, tutti materiali destinati a finire in discarica erano venduti al miglior offerente o nei banchi del mercato di Basta. Poi, le dimore perivano sotto i colpi delle ruspe, trasformandosi in cumuli di detriti senza anima, cancellate impunemente, per fare spazio a grattacieli sfavillanti che brillavano nel cielo di Beirut.

Henry continuava ad accumulare, fiutando ogni minimo dettaglio di quei materiali. Così, negli anni, ha racimolato tutto ciò che gli avrebbe permesso di ricreare il suo palazzo. Ma dove avrebbe potuto trovare il luogo adatto? Quale spazio gli avrebbe permesso di contemplare il mare, godendosi il Monte Libano sullo sfondo?

La ricerca del terreno fu ostinata. I prezzi di Beirut erano alle stelle, Henry provò a trovare un angolino lungo la costa, che all’inizio del secolo scorso conservava il suo fascino. La scelta ricadde su un appezzamento di terreno nel nord del Libano, a Koubba, a 45 km dalla capitale, nei dintorni di Batroun. Il terreni agricoli circostanti non lasciavano presagire nessuna speculazione selvaggia, Hery Louissan si lasciò convincere e fece il primo passo che stabilì il luogo definitivo della sua pazza impresa. La costruzione cominciò nel 2009 e finì nel 2013.

Nessuna descrizione potrebbe rendere giustizia all’incredibile sforzo fatto da quest’uomo. Nel giro di cinque anni, ha messo insieme, in modo geniale, gli elementi provenienti da un centinaio di case libanesi smantellate.

Arrivati a destinazione, dopo non poche peregrinazioni dovute al navigatore – ma ne vale la pena, si dice in giro – abbiamo finalmente scoperto questo museo senza eguali, che non somiglia a nessun altro. Concepito come un ideale, studiato nei minimi dettagli, con un’architettura impeccabile, la dimora, con soltanto qualche anno di vita, non ha nulla da invidiare ai gioielli del secolo scorso. È la moglie di Henry, Rytta, pittrice e stilista, che ci accoglie.

La divisione delle stanze è stata fatta seguendo la disponibilità dei materiali di costruzione, ci racconta la donna. I mobili, le decorazioni, tutto è scrupolosamente d’epoca, comprato con dedizione e disposto con pazienza. La perfezione dello studio dei minimi dettagli è strabiliante. Letti in rame, coperte all’uncinetto o pizzo ricamato, mobili di design anni ’70 che farebbero venire l’acquolina in bocca a qualsiasi collezionista, cucine luminose con servizi di ceramica, lampadari e vasi di cristallo, oggetti da decorazione in opale, pavimenti di marmo sontuosi o mattonelle dipinte con motivi ormai introvabili, valigie in pelle e di cartone, tutto sfila sotto gli occhi sbalorditi dei visitatori. La riuscita migliore sta nel fatto di non far sembrare il tutto pittoresco. Il museo Henry BB è vivo perché abitato. Niente è cristallizzato in questo luogo in cui tutto è stato strappato alla morte, alla distruzione e all’oblio. Il padrone arriva. Con lo sguardo in fiamme, indica il mare dalla sua bella terrazza. Col fez in testa, vestito di bianco, è cosciente, ma fiero, della sua particolarità: essere il proprietario di un museo unico al mondo, unico come qualsiasi sogno che si realizza.

Rievoca la bellezza passata di Beirut, capitale dai tetti rossi e dalle bianche arcate dentellate. “Stiamo restaurando certi posti, strappandone via l’identità”, ci confessa. “Bisognerebbe rispettarne l’essenza, amare e conoscerne l’eredità per preservarla”. Henry ci mostra le immagini della Beirut di un tempo, spiega l’evoluzione dei lavori che ha supervisionato, poi ci guida al piano inferiore, quello che la sua famiglia abita. Dalla scala alla balaustra in ferro battuto, leggiamo i nomi delle strade sulle targhe recuperate e affisse al muro di pietra, passando accanto all’atelier di Rytta, uno spazio colmo di tessuti dipinti e ricamati. Tutto è arte, calma e voluttà sotto le volte con le grosse arcate bianche. “Non sono un architetto, ma la mia passione era così forte che sono riuscito a seguire tutti i lavori del cantiere”. “Henry non è neanche un pittore, eppure è stato lui a dipingere i fregi ai muri e gli affreschi del soffitto, ispirandosi a foto d’epoca”, ci confida la moglie.

Rami di salice piangente e d’ulivo abbracciano le balconate dei terrazzini laterali con uno slancio riconoscente. Il museo Henry BB è sicuramente fuori dai circuiti turistici classici; ma non per questo non è un’ambientazione ideale per fare delle foto, per un soggiorno o delle feste da sogno. Chiunque sarebbe riluttante a svelare il segreto di un luogo che vive felice pur rimanendo nascosto, ma, come diceva Hugo: “il genio è una cosa al cospetto della quale bisogna inginocchiarsi”.

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