Fonte: icibeyrouth
Traduzione a cura di Antonino d’Esposito
Come la letteratura femminista ha dato vita alla scrittura-femminile? Dalla teoria dell’invidia del pene di Freud ai gender studies e la teoria queer degli USA, vi proponiamo un’intervista sull’evoluzione della condizione e la scrittura femminili con l’autrice femminista e teorica della scrittura-corpo Carmen Boustani.
Scrittrice, addottorata in lettere all’università di Lyon 2, Carmen Boustani, laureata anche in semiolinguistica alla Sorbonne-Nouvelle. Pioniera, a partire dagli anni ’80, ha introdotto lo studio del femminile e della scrittura del corpo, poi del femminile/maschile nel percorso di studi del corso di laurea in Lettere moderne dell’Università libanese. Le sue aree di interesse privilegiano la scrittura del corpo e le diversità sessuali nel linguaggio, che viene analizzato attraverso la semiologia gestuale e l’oralità. Il taglio delle sue pubblicazioni lo dimostra ampiamente. Ad esempio, troviamo i titoli L’Écriture-corps chez Colette; Les Effets du féminin: variations narratives che ha ricevuto il premio France-Liban nel 2004; Oralité et gestualité, la différence homme femme dans le roman francophone; Aux frontières des deux genres, en hommage à Andrée Chedid. Ha scritto romanzi, biografie e un’infinità di articolo sugli scritti delle donne, la letteratura francofona e il subconscio del testo, apparsi in riviste letterarie in Europa, Stai Uniti, Canada, Africa e Libano. Nel 2001 ha ricevuto la medaglia d’oro degli scrittori di lingua francese, nel 2006 la Palma degli Accademici e nel 2012 il premio d’eccellenza del Centre National de la recherche scientifique in Francia. L’opera Andrée Chedid, l’écriture de l’amour (Andrée Chedid, la scrittura dell’amore) è stata insignita del premio Phénix nel 2006. Con lei, faremo un viaggio al termine del femminismo, delle correnti che esso ha sviluppato, con tutte le loro sfumature, divergenze e il loro aspetto rivoluzionario.
Le lettrici ed i lettori, a volte anche i più navigati, spesso tendono a confondere “letteratura femminista” e “letteratura femminile”. In quanto specialista della scrittura femminile (o della scrittura-corpo), può chiarirci questi diversi concetti?
Influenzate dal movimento di liberazione delle donne, il quale proclama che bisogna studiare “il sesso forte” in maniera critica, le donne rigettano i valori patriarcali assimilati nei loro scritti. Il loro lavoro si indirizza sul piano simbolico, in cui la scrittura è di per sé una posta in gioco. Reclamano che la loro creazione sia riconosciuta in una continuità della vita e del linguaggio, ignorando che Simone de Beuavoir ne Il secondo sesso scrive che il femminile è associato al negativo, mentre il maschile è universale ed ha diritto al neutro! Teorizzata da Antoinette Fouque e Luce Irigaray, la scrittura femminile capovolge l’aspetto negativo del femminile, così come è stato concepito, verso una maggiore positività. Da questo viene la focalizzazione sul corpo. Nei miei testi L’écriture-corps e Oralité et gestualité (la scrittura-corpo e Oralità e gestualità), dimostro che la scrittura femminile è dotata di una specificità che sta all’origine del linguaggio e di una nuova maniera di simbolizzare.
Oggi si parla della presenza del femminile nella scrittura di scrittori uomini e viceversa. Come capire questo concetto a livello linguistico?
Il termine femminile designa qualcosa che è proprio alla donna, e il termine maschile all’uomo. Tale binomio sessuato, coi campi della ricerca, si eleva al rango di categoria di pensiero e circola tra i due sessi. Con Hélène Cixous e Jacques Derrida, il sesso diventa una questione di linguaggio piuttosto che di organo. Quello che interessa è mettere in gioco le categorie del maschile e del femminile, comuni ai due sessi. Il femminile non è più riservato esclusivamente alle donne; si studia anche in libri di uomini. Derrida se ne appropria e lo spiega nel suo La disseminazione: si tratta di giocare tra i due sessi. Il rapporto femminile/maschile non si mette in moto in ogni opera, ma in maniera diversa da un’opera all’altra. Il neutro in scrittura non esiste. Nei testi di Colette, Chantal Chawraf, Camille Laurent, il rapporto col femminile è differente rispetto ai testi di Marghuerite Yourcenar, per esempio. Dalla prospettiva degli uomini, il femminile è diverso nel suo rapporto col maschile, a seconda se si trova in Proust, Jean Cocteau, Robert Solé o François Mauriac. Lo studio di questo rapporto femminile/maschile è influenzato dalla linguistica e dalla psicoanalisi; leggerlo apporta del nuovo al testo. Occorre una formazione per poter costruire una griglia di lettura dei testi.
Potrebbe farci qualche esempio?
Tratto questa problematica nel mio saggio Effets du féminin (Effetti del femminile): “Lo studio del femminile potrebbe essere esplorato sia in testi di donne che di uomini. Ho voluto comunque limitarmi a un corpus di opere di donne, cosciente del fatto che nella donna ci sia un quid in più di potenza affettiva, che naturalmente va oltre il semplice istinto materno, così spesso citato, e una forma di simbolizzazione, legata a una prova scientifica della castrazione: quello che Freud e i suoi discepoli hanno definito ‘continente nero’.” Analizzando la bisessualità della scrittura, in L’écriture-corps de Colette ho dichiarato: “è concepibile che ogni testo rappresenti una mescolanza di fattori del femminile e del maschile, indubbiamente indissolubili nel contesto delle combinazione di scrittura testuale: alle volte è l’elemento femminile a dominare, altre è quello maschile.” È tempo ormai che per i due sessi ci siano delle identificazioni possibili, socialmente riconosciute per le donne, e una filiazione simbolica incrociata, l’unica vera opportunità per una cultura mista. I valori femminili (l’altruismo, la sensibilità, la generosità) si oppongono al culto della performance, della forza e ai valori macisti.
Per Lacan non si può mettere in discussione l’invidia del pene di Freud. In quale misura questa visione patriarcale è ancora attuale? E come la donna può marcare la scrittura con la sua specifica identità?
In Jacques Lacan si riscontra una rimessa in questione del maschile e del femminile enunciati da Freud che definisce la donna attraverso la mancanza, l’Altro, elogiando il primato del fallo. Se questo binomio si mette a confronto, egli attribuisce il carattere attivo al maschile e quello passivo al femminile; invece, per Lacan il femminile entra nell’ordine del non-detto, del non-tutto. In quest’ottica, il femminile non è qualcosa in meno del maschile, ma un in più, un aldilà del fallico. Nel suo seminario “Encore”, definisce la donna come “in-finita”, cioè qualcosa di inafferrabile. Essa non può essere rinchiusa in un concetto. Il femminile si sostituisce alla femminilità tradizionale, che rinchiude la donna in un’immagine stereotipata, fantasticata per suscitare il desiderio fallico. La donna prova a situare la scrittura fuori dal suo quadro abituale e il testo si confonde con la vita, si viene a creare una coesistenza. La scrittura diventa il luogo privilegiato dove vita, storia e genere convergono.
C’è stato un divario cronologico tra gli studi di genere, che compaiono negli USA negli anni ’70, e gli studi di genere insegnati molto più tardi in Francia, soprattutto all’Università Paris VIII…
In Francia, il termine gender tradotto con genere è equivoco. È usato come genere grammaticale, poi come genere letterario, si diversifica per indicare il sesso biologico e il sesso sociale, prima di tradurre l’indefinibilità dei sessi, con la teoria queer di Judith Butler. Questa nozione ha fatto fatica a imporsi in Francia. È negli anni 2000 che gli studi gender si moltiplicano in Francia, quando si erano affermati negli Stati Uniti dal 1970. Il movimento, nato negli USA con Joan Scott, si basa sull’aspetto sociale e non biologico del genere, poi evolve in gender trouble, una tendenza all’indeterminatezza con Judith Butler, che dà vita alla corrente non-binaria, la quale nega non solo l’eterosessualità, ma ogni segno sessuale. All’Inalco di Parigi, secondo un collega, i suoi studenti cambiando i loro nomi femminili con altri neutri, Andrea per esempio. Così, si ritrova con un bel numero di Andrea ai seminari. Siamo nell’ambito dell’asessualità. Addio seduzione! Non abbiamo più i contrari che si attraggono. La guerra dei sessi non avverrà più.
Lei ha introdotto gli studi sul genere e la differenza sessuale nei corsi universitari. Qual è l’impatto di un simile passo avanti sull’eguaglianza o la comprensione dei sessi a livello culturale?
Ho tenuto seminari sulla scrittura femminile, il movimento femminista e le teorie di genere alla facoltà di lettere e per i corsi dottorali dell’Università libanese; ho anche fatto da relatrice a tesi dottorali e non su questa problematica, che ho introdotto nel curriculum universitario. All’Università Saint-Esprit di Kaslik ho anche tenuto un seminario che faceva emergere la rilevante nozione di differenza sessuale e il suo impatto sul linguaggio. Ho fatto della ricerca sul femminile e il maschile, in quel seminario sociolinguistico, il punto d’arrivo dei miei corsi. Aldilà dello Stadio dello specchio di Lacan, ho attraversato lo specchio con Alice nel paese delle meraviglie, mostrando che il femminile è un linguaggio libero, supremamente indifferente e che passa da un genere all’altro, da una forma all’altra. Una scrittura nomade che non può essere mantenuta in un circolo chiuso.
In quale misura, oggigiorno, la comprensione di un’opera letteraria dipende ancora dalla conoscenza della vita di chi l’ha scritta?
Nel percorso della storia letteraria, il riferimento alla vita dell’autore-autrice era un’evidenza; Sainte-Beuve, Gide, Lançon, ecc., si interessavano alla biografia dell’autore nell’opera. Con Barthes e Foucault l’interesse si concentra unicamente sul testo, lontano da chi lo ha scritto. Il famosissimo articolo “La morte dell’autore” di Barthes ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro, poi, con Antoine Compagnon e la critica d’oggi, c’è stata una timida resurrezione dell’autore. Ad ogni modo, considero l’analisi del subconscio del testo, il metodo di Jean Bellemin-Noël molto affidabile per scoprire il senso nascosto di un testo e, quindi, delle intenzioni dell’autore. Sotto la bandiera del subconscio del testo non sto cercando forse, a modo mio, l’autore? Ho insegnato questo metodo e diversi dei miei dottorandi l’hanno adottato nelle loro ricerche.
Ha scritto la biografia di due grandi scrittrici, la egiziano-libanese Andrée Chedid e la francese Colette. Cosa unisce e differenzia i loro percorsi?
Ricorrere alla ‘chiave donna’ per ritracciare la vita di Colette o della Chedid è interessante. Non si tratta di negare la loro universalità, ma, piuttosto, di indicare a partire da quali particolarità stilistiche o di contenuto la loro scrittura diventa singolare. Ad ognuna il suo iter. Quello che le unisce è il fatto che nei loro scritti scavino nel più profondo di loro stesse, nel tentativo di trovare una nuova espressività. Sono stata sedotta dai loro percorsi, così ho dedicato ad entrambe una biografia: L’Écriture-corps chez Colette e Andrée Chedid, l’écriture de l’amour. Partendo dal loro desiderio di trasgressione, ho stabilito un’interazione tra la loro vita di donne libere e ribelli e quella della delle loro eroine, intorno alla tematica del coraggio, parola virile di per sé, di cui le donne si sono appropriate, che acquisisce un significato polisemico, cioè di ribellione, rivolta, trasgressione. Una disseminazione delle loro idee per affermare che il coraggio è donna e che ogni donna è coraggio.
I suoi libri spaziano tra il romanzo, la biografia e il saggio, genere in cui lei è pioniera per alcune teorie sul corpo e la gestualità. Quale aspetto della sua personalità corrisponde meglio al suo desiderio di scrivere?
Mi pare che ogni lingua disponga di un materiale specifico. Sarei stata la stessa letterata semiologa in arabo come in francese? Non credo. Non mi sarei interessata al corpo, alla gestualità, allo studio della differenza sessuale, alla bipolarità del femminile e del maschile e agli scritti delle donne nella stessa maniera? Penso che ogni lingua porti in sé un immaginario, uno spirito. Sono contenta del mio impegno in lingua francese nello scrivere saggi, romanzi e biografie. Si direbbe che un filo conduttore lega i diversi generi che ho affrontato intorno alla donna e al femminile. Il romanzo mi attira, si accorda con la natura delle donne, segnate dalla gestazione e dalla procreazione. Devo solo chiedermi: il romanzo è qualcosa di femmina? È lui che mi fa venire più voglia di scrivere, anche se pure gli altri mi fanno piacere. Come Marguerite Duras, direi: “Scrivere è la sola cosa che popolava la mia vita e che la rendeva felice, e l’ho fatto.”
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