Traduzione dall’arabo di Jolanda Guardi
Titolo originale dell’opera: Atba’uka ilà al’utma, Dār Al-Mutawassiṭ 2021
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Un figlio cambierà la mia vita sofferente per sempre.
Devo assolutamente partorire un maschio, un maschio che non lasci spazio agli altri figli di mio marito, che mi infastidiscono. È l’unico che può farlo. Diventerò la signora della casa. Non voglio che il mio secondo marito fallisca per la stessa ragione per cui ha fallito il primo. La famiglia del mio primo marito ha rovinato la mia vita di prima perché non ho partorito un maschio. E anche se morissi, com’è morta mia madre, e lo lasciassi neonato, troverà un modo per vivere. I maschi sono crudeli, non fragili come le ragazze. Dio! Ecco, spero sia un maschio e spero nasca sano. Desidero vederlo, accarezzarlo e accertarmi cento volte che sia reale, ecco, di nuovo attendo il momento della nascita, io, che ho sempre odiato essere donna.
Sono diventata orfana a sei mesi. Mi ha cresciuto la moglie di mio padre, che si è vendicata del suo destino sul mio corpo e sulla mia anima. Non ero l’unica figlia della prima moglie, avevo un fratello. È emigrato in Francia per proseguire gli studi. Mentre io, mi sono sposata. Ho partorito e divorziato e sono tornata a fare la serva a casa di mio padre. Mi sono risposata e sono diventata la seconda moglie col grado di serva di un uomo maggiore di me di trent’anni.
Mio marito aveva già otto figli, alcuni cresciuti e sposati con figli, altri ancora giovani e naturalmente hoo dovuto accudirli io.
E ora sono incinta di lui.
Ho desiderato un maschio dal momento in cui ho saputo di essere incinta, dal primo momento in cui il nuovo essere è entrato nel mio corpo, proprio come era successo le cinque volte precedenti. Ho pregato molto Dio e anche Sidi Abd El-Qader Al-Gilani perché sia un maschio. Ciò mi farebbe sentire di avere un ruolo, di esistere, finalmente.
Ho continuato a lavorare la terra nonostante il dolore. Le doglie sono cominciate quando sono tornata a casa. Non avevo paura e nemmeno ero contenta.
Durante la gravidanza mi sono assicurata sempre di svolgere tutti i lavori svolti dagli uomini: Ho portato l’acqua agli animali dal fiume che si trova dietro casa nostra. Ho aiutato il muratore nel suo lavoro. Ho portato pietre e fatto il raccolto da sola. Portavo il grano e il frumento che avevo raccolto sulla schiena e quando tornavo a casa lo pulivo e preparavo il pane per la grande famiglia.
Fa male lasciare i tuoi figli per l’ingiustizia della legge e allevare i figli di un’altra donna, anche loro non mi accettano.
Rapporti fastidiosi e crudeli, che hanno aumentato il mio desiderio di partorire un maschio che mi dia la forza di resistere a tutto questo.
La crudeltà, alla fine, è uno stile di vita, un modo ideale per resistere e continuare. Per questo ho deciso di insegnare a questo feto la crudeltà. Non glielo racconto io, è la vita che gli racconta di essere crudele, e dovrà essere un uomo crudele, un “lupo”, affinché gli altri lupi non lo divorino.
Si muove molto nelle mie viscere e ogni volta che mi fa più male, penso sia un maschio.
I nove mesi sono passati. E sono cominciate le doglie. Ogni volta che il dolore è più intenso la mia felicità è maggiore. È il quattordicesimo giorno di ottobre quando cominciano. Non lo dico. Non chiedo che passi. Sono la donna analfabeta che non sa che il suo feto la sente. Ma l’istinto materno mi fa sentire che tutte le mie forze passano a lui attraverso quel misterioso cordone. Sto lavorando nei campi. Non mi sono mai riposata. Improvvisamente comincia a scendere una pioggia abbondante e mi sembra, forse per l’entità della stanchezza, che il sole cocente del mattino abbia sciolto il gelo che sta fra me e il cielo nel momento in cui con i suoi raggi cocenti tesso il mio sogno. Sì, quando questo nuovo essere squarcerà le pareti del buio e vedrà la luce, la mia sofferente vita cambierà per sempre.
Ogni volta che il dolore aumenta ricaccio le urla sempre più a fondo nel mio animo… animo che è diventato un deserto da quando la vita mi ha separato dagli altri miei figli la cui presenza ho consegnato all’oblio.
La fatica è qualcosa di molto difficile in questo villaggio isolato; un villaggio sterile come la morte. È vero che è bello in primavera, con i campi di grano distesi per ogni dove, senza punti di riferimento eccetto gli spaventapasseri dappertutto a scacciare i corvi, ma ora è giallo e grigio, selvaggio e selvatico. Nonostante tutte le mie figlie siano nate in ospedale, io qui sono costretta a partorire a casa. Naturalmente questo non fa una gran differenza, né per me né per questo nuovo essere che esita a presentarsi. A volte penso che tenersi stretto a me è la sua promessa che mi cambierà la vita, tuttavia per lo più sono convinta che conosca il suo destino. E come potrebbe essere altrimenti, visto che viene da un mondo altro di cui le storie dicono sia un mondo di luce e serenità?!
Il dolore aumenta e con esso la mia certezza che sia maschio. Non lo sopporto più. Urla, sudore e dolore… nessuna luce, né cibo né energia. Quando il dolore aumenta grido: Sidi Abd El-Qader sono tua figlia, liberami dal fango, così dicono tutti nelle avversità e io lo dico per la prima volta. So che un altro bambino nella mia vita, specialmente se sarà femmina, sarà una “calamità”. Dormo o così mi sembra e mi ritrovo nel bianco e in mezzo a questo bianco mi appare un vecchio con un burnùs bianco, cavalca una cavalla baia e mi dice: Mi hai chiamato e sono venuto da te. Non aver paura, partorirai a mezzogiorno, devi solo mettere il mangime per questa mia cavalla sul muro di cinta di casa vostra. Non so se quello che ho visto sia sogno o realtà, ma ho fatto quello che mi è stato chiesto e quando lo riferisco all’ostetrica questa mi dice: Ella farà grandi cose.
– Ella? Le ho lanciato uno sguardo furente, come se volessi ucciderla.
– Intendo egli, forse sarà un mistico, o un saggio o un grande shaykh come suo padre…
Prima che finisca di parlare smetto di urlare, il mio corpo è febbricitante e il sudore cola copioso come se partorissi per la prima volta.
Faika Ganfali è una giovane scrittrice tunisina classe 1987, di professione docente di filosofia. Ha pubblicato una raccolta di racconti dal titolo At-tiran bi-gianah akhar (Volare con altre ali, 2015) che ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali tra cui il prestigioso primo premio al Salone Internazionale del Libro di Tunisi nel 2020. Ti seguirò nel buio è il suo primo romanzo.
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