E le tigri della mia stanza (estratto) di Ahmed Nagi

Traduzione dall’arabo di Barbara Benini

La Battaglia del Ponte di Ahmed Nagi

(questa traduzione viene pubblicata di comune accordo con l’autore)

[…]

Ha estratto l’hard disk.

  • Mettimi qui su la musica che ti ho chiesto, e se ce li hai, anche dei film.

Ha lasciato che i dati si trasferissero dal computer all’hard drive e si è seduto di fianco a lei, non aveva molto da raccontarle, solo che non aveva messo il naso fuori di casa e non aveva visto nessuno. Poi le ha chiesto del lavoro e lei gli ha risposto senza slancio. Mentre le versava il caffè, si è accorto che l’entusiasmo che stava manifestando per le sue tazzine d’argento, contrastava con l’espressione rabbuiata del viso, qualcosa la preoccupava, c’era un peso che si portava dentro, mentre rispondeva alle domande di routine con i soliti “normale, tutto bene”, non accennava nemmeno un sorriso.

  • Non mi racconti di chi era quel sangue che avevi sulla camicia?

Anche se perfettamente sveglia, la sua voce si è fatta fievole, come fosse una sonnambula.

Quel giorno aveva finito di lavorare in ospedale e aveva preso un taxi per Manyal, per andare nello studio dove Ahmed stava facendo le prove con il gruppo. Poi il taxi era rimasto imbottigliato nel traffico sul ponte: nessuno si muoveva e nessuno sapeva il perché. Dopo aveva sentito gli spari e poi avevano lanciato i lacrimogeni. Dall’interno del taxi aveva visto avanzare una manifestazione con i ritratti del Presidente Civile Legittimamente Eletto, scortati da una fila di giovani con delle mazze in mano; guardando indietro, invece, aveva visto una seconda manifestazione, che inneggiava contro il murshid – la guida – e la polizia, ferma nelle retrovie.

L’autista si era voltato in preda all’agitazione e mentre i dimostranti pro-presidente avanzavano verso di loro, si era messo a pregare. Attraverso il finestrino li vedeva bene: anziani e ragazze con l’hijab tutti armati di foto del Presidente e tutti a cantare una cacofonia di slogan interrotti dallo strombazzare dei clacson. Poi c’erano stati gli spari, il gas e il fumo.

Quando i lacrimogeni erano caduti intorno al taxi, i manifestanti lì vicino li avevano ributtati indietro, e lei aveva chiuso i finestrini. Risuonavano proiettili ovunque, il lunotto era andato in frantumi e il vetro le era caduto addosso. L’autista si era messo a gridare in preda all’isteria, aveva aperto la portiera e se l’era data a gambe. Lei era rimasta calma e si era coperta naso e bocca con la sciarpa che aveva sempre con sé. La puzza di gas era penetrante, quando aveva aperto la portiera e si era ritrovata su quello che un tempo era il marciapiede del ponte, e ora si era trasformato in campo di battaglia.

Sotto, nel Nilo, le barche illuminate passavano diffondendo la musica elettronica dei mahraganat. In mezzo a quel fumo aveva intravvisto un gruppo di ragazze e ragazzi che facevano festa ballando a bordo di una di quelle imbarcazioni luccicanti e si era augurata di essere con loro, invece si trovava sul ponte, intrappolata tra due manifestazioni contrapposte.

Le due parti avevano iniziato a spararsi a vicenda. Aveva chinato la testa e si era fatta largo tra le file di auto bloccate, ma non aveva fatto in tempo a passarne due, che era spuntato un ragazzino, uno sbarbato, con in mano un fucile che pareva fatto a mano. Si stava nascondendo tra le macchine, attaccato alla sua arma improvvisata. Ci aveva messo un attimo a pianificare un percorso per allontanarsi da lui, ma ancora prima di riuscire a muoversi, lui era balzato in piedi a gridare “Vittoria o martirio, figli di un cane!… Figli di un cane, o è vittoria o martirio!”. Bum! Le era crollato davanti. Farah era raggelata. Il ragazzo non era morto, era caduto su un fianco, gli occhi fissi su di lei, mentre il sangue gli fuoriusciva dal torace e dal collo. C’era una specie di rantolo, come quello emesso da un vitello che viene sgozzato, mentre soffoca nel suo stesso sangue, incapace di muggire o respirare. Aveva sentito la bile salirle su per lo stomaco e stava per vomitare quello che aveva mangiato, ma con una mano sulla bocca era riuscita a trattenersi, a calmare il respiro e le era passato.

Il rumore degli spari si era affievolito, qui e là le auto avevano ripreso a muoversi. Farah ci aveva messo qualche minuto a riprendersi dallo shock. Il fucile del ragazzo giaceva accanto a lei, i suoi occhi la imploravano, con quella mano tesa. Gli era strisciata vicino e l’aveva girato sulla schiena, cercando di ricordare le poche nozioni di primo soccorso che aveva. Gli aveva esaminato il torace, aveva più di una ferita, ma era dal collo la maggiore fuoriuscita di sangue, così si era tolta la sciarpa e gliel’aveva legata intorno, premendo sulla ferita per fermare l’emorragia. Il corpo del ragazzo aveva iniziato a tremare e contrarsi, lei aveva cercato di calmarlo, ma da lui usciva solo quel rantolo. Allora aveva alzato la testa in cerca di aiuto, ma le auto avevano iniziato a fuggire via dal ponte e la manifestazione dell’opposizione si stava avvicinando inesorabilmente: erano molti di più rispetto agli altri, e le loro prime file correvano dietro ai sostenitori in ritirata del Presidente Legittimamente Eletto.

Si era guardata intorno: tutti gli altri marciavano felici, mossi da fervore patriottico, sui volti una luce di speranza, rinvigorita dalla vittoria nella battaglia del ponte. Nessuno di loro si era voltato verso Farah, o il ragazzo che le stava morendo tra le braccia. […]

(tratto da E le tigri della mia stanza والنمور لحجرتي Mahrousa Center for Publishing, Egypt, 2020 copyright della traduzione di Barbara Benini)

Ahmed Nagi (15 settembre 1985) è un giornalista e scrittore egiziano di Mansura. Ha pubblicato tre romanzi: Rogers e la via del drago divorato dal sole, del 2007 (il Sirente 2010, trad. Barbara Benini), Sette lezioni apprese da Ahmed Mekky del 2009 e Vita: istruzioni per l’uso del 2014(il Sirente 2016 a cura di B. Benini, trad. E. Rossi, F. Fischione, con il patrocinio di Amnesty International – Sezione Italiana), vincitrice dell’Open Eye Award 2016 e selezionata al Neukom Institute Literary Arts Awards 2018, tra i migliori racconti di fantascienza[1]

Il 20 febbraio 2016 Nagi è stato arrestato e condannato a due anni di reclusione per “oltraggio al pudore” per il contenuto del capitolo 6 del suo romanzo Vita: istruzioni per l’uso,uscito sulla rivista letteraria egiziana Akhbar el-Adab, nell’agosto 2014, poco prima della sua pubblicazione. Ufficialmente il processo è nato dalla denuncia di un privato cittadino “turbato” dai continui riferimenti a sesso, alcol e droga contenuti nell’estratto. Contro l’incarcerazione di Nagi hanno preso posizione più di 700 intellettuali egiziani, oltre al PEN America[2] che il 31 marzo 2016 ha deciso di attribuire a Nagi il prestigioso premio Barbey Freedom to Write[3], poi conferitogli il 16 maggio.

Dopo 300 giorni di prigione nel penitenziario di Tora il 22 dicembre 2016 Nagi è stato rilasciato[4], ma ha potuto lasciare l’Egitto solo nell’estate del 2018, quando il tribunale penale gli ha restituito il passaporto e commutato la pena detentiva in una multa.

Nagi si è poi trasferito negli Stati Uniti, a Las Vegas, in Nevada, dove ha una borsa di studio presso il Black Mountain Institute e dove attualmente risiede con la moglie e la figlia.

Tra il 2019 e il 2020, Nagi ha pubblicato due opere letterarie: il romanzo E le tigri della mia stanza, non le ho invitate io e Testimonianze ammuffite, le sue memorie sulla prigionia e, in particolare, su cosa significhi scrivere e leggere all’interno di un penitenziario egiziano.

I diritti cinematografici di Vita… ed E le tigri… sono stati di recente acquisiti dalla casa di produzione Hamsa di Brooklyn NYC e la regista britannica Malika Zouhali-Worrall e Nagi hanno da poco ottenuto i finanziamenti dal Sundance Film Festival per la realizzazione di un film tratto dalle due opere.

PER APPROFONDIRE:

Per acquistare il romanzo in formato digitale, si può andare su Googleplay, in formato cartaceo su Arab Book:

https://www.arabook.it/shop/romanzi-in-arabo/

Il sito di Ahmed Nagi:

Un’intervista ad Ahmed Nagi in inglese condotta da Marcia Lynx Qualey:

https://www.sowt.com/en/podcast/bulaq-bwlaq/reading-and-writing-behind-bars


[1] https://ahmednaji.net/

[2] https://pen.org/advocacy-case/ahmed-naji/

[3] https://www.youtube.com/watch?v=-_m6O9N0vBw&t=311s&ab_channel=PENAmerica

[4] https://www.corriere.it/cultura/16_dicembre_18/ahmed-nagi-liberato-carcere-bc1d5754-c545-11e6-9663-75008b7bdc06.shtml

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