La vecchia e il fiume (al-Sabiliyat) di Ismail Fahd Ismail

  Recensione di Federica Pistono  

        Il romanzo racconta, con uno stole lineare e semplice, l’inferno della guerra da una prospettiva insolita.  

Lo scrittore kuwaitiano Ismail ambienta la sua storia nel sud dell’Iraq, nell’area del delta dei fiumi Tigri ed Eufrate. L’azione prende l’avvio nel 1980, quando scoppia la feroce guerra tra Iraq e Iran, il conflitto più lungo del Ventesimo secolo. La protagonista, di nome Umm Qasem, si ritrova improvvisamente vedova quando il marito muore per un attacco cardiaco. Come scrive Ismail, “Tutti muoiono quando arriva il loro momento, che ci si trovi in mezzo alla guerra o distesi nel proprio letto”. La vedova e i suoi figli, rifugiati dalla regione del Delta, seppelliscono l’uomo lungo un’autostrada vicino a Nassiriya. Qualche anno più tardi, Umm Qasem sente nostalgia di casa e decide di tornare al suo villaggio natale di Sabiliyat, che dà il titolo al romanzo, situato a circa duecentocinquanta miglia di distanza. A questo punto, il marito defunto le appare in sogno e le dice di voler tornare a casa. Dopo aver dissotterrato i suoi resti, Umm Qasem intraprende un pericoloso viaggio in compagnia di un asino, giustamente chiamato Buon Auspicio, che raglia comprensivo quando la vedova gli comunica le proprie preoccupazioni. Arrivata a Sabiliyat, la donna scopre che la sua vecchia casa è in rovina e che l’intero villaggio è da tempo disabitato, abbandonato dai residenti a causa dell’inaridimento del territorio circostante. L’esercito iracheno, infatti, aveva bloccato gli affluenti del fiume Shatt al-Arab, impedendo all’acqua di scorrere lungo il lato occidentale del fiume. Così, con il passare degli anni, la vegetazione si è seccata, le palme sono morte, gli abitanti sono emigrati altrove. Del paese non resta che terra bruciata. Il marito di Umm Qasem appare sempre più frequentemente nei sogni della moglie, proprio quando la donna diventa la madre adottiva di un soldato di stanza al fronte: “Avevo tre figli”, gli dice, “E ora tu sei il quarto”. Ma la tragedia della guerra incombe. Umm Qasem disobbedisce agli ordini di evacuazione, fermandosi nel paese per restare vicina alla tomba del marito e dare nuova vita, di nascosto, alla vegetazione del villaggio. E così, a poco a poco, una striscia verdeggiante di palme ricomincia a estendersi dallo Shatt al-Arab fino al limite del deserto occidentale.  

Il romanzo è pervaso da un’atmosfera fiabesca e ricorda, in alcuni passi, L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono. L’opera ha il pregio di descrivere, senza sentimentalismi o ovvietà, gli orrori della guerra e, in particolare, un conflitto di cui pochi occidentali conoscono la storia. Un racconto memorabile di un autore che meriterebbe diffusione anche in italiano.  

La saggezza dell’età, sia dello scrittore che della protagonista, è al centro dell’opera, storia di un lutto personale e nazionale, vicenda di resilienza, con personaggi indimenticabili, morti e vivi, racconto di una guerra che, pur decimando gli abitanti, non riesce a vincere i cuori e le menti di un popolo.   Il romanzo è stato pubblicato negli Stati Uniti con il titolo The Old Woman and the River da Interlink, quasi un anno dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 2018.     L’Autore

Ismail Fahd Ismail (Ismā ̔ īl Fahd Ismā ̔ īl, 1940-2018), di origine irachena, è acclamato come uno degli scrittori più raffinati e prolifici nella storia letteraria del Kuwait. È nato nel 1940 nel villaggio di al-Sabiliyat vicino a Bassora, in Iraq, ed è cresciuto tra il Kuwait e l’Iraq. Laureato in Letteratura e Critica presso l’Istituto Superiore di Arti Drammatiche del Kuwait, ha lavorato sia come insegnante sia nell’amministrazione pubblica kuwaitiana, gestendo, contemporaneamente, una società di produzione artistica. Ismā ̔ īl è considerato il vero fondatore del romanzo in Kuwait. Dall’uscita del suo primo libro, Il cielo era blu, nel 1970, ha pubblicato ventisette romanzi, tre raccolte di racconti, due opere teatrali e diversi studi critici. Negli anni Settanta ha dato alle stampe altri tre romanzi (Gli stagni luminosi, 1972, La corda, 1972, Le altre sponde, 1973) che dipingono un affresco dettagliato della società irachena degli anni Sessanta.  

Con il passare del tempo, lo scrittore si avvicina a tematiche più strettamente legate alla storia e alla politica del Kuwait. Questi motivi appaiono infatti nel suo romanzo La fenice e l’amico fedele, (Fī ḥaḍrat al-̔ anqā’ wa al-ḫil al-ūfī), selezionato per l’IPAF nel 2014.  

Il romanzo rappresenta un interessantissimo spaccato di storia contemporanea del Golfo, vista con gli occhi di un kuwaitiano.  

Nel 2017, l’autore è nuovamente selezionato per l’IPAF, giungendo nella short list con il romanzo al-Sabīliyāt (il nome del villaggio natale dell’autore), tradotto in inglese con il titolo The Old Woman and the River, Interlink, 2018.  

Ismail muore nel 2018. È ricordato, oltre che per le sue opere letterarie, per il suo incoraggiamento ai nuovi talenti letterari kuwaitiani e arabi.

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