Sarab di Raja Alem

Recensione di Federica Pistono

Premessa storica: L’occupazione della Grande Moschea del 20 novembre 1979 fu un attacco armato condotto da dissidenti musulmani alla grande Moschea della Mecca in Arabia Saudita, il luogo più santo dell’Islam.

 Gli insorti dichiararono che il Mahdi, o guida dell’Islam, era arrivato sotto forma di uno dei leader degli insorti, Mohammed Abdullah al-Qahtani, e invitarono i musulmani ad obbedirgli.

L’insurrezione traumatizzò il mondo islamico, giacché centinaia di pellegrini, presenti alla Mecca per l’annuale Hajj, furono presi in ostaggio, e centinaia di militanti, uomini delle forze di sicurezza e ostaggi caddero nello scontro a fuoco che ne derivò per il controllo del sito. L’assedio si concluse due settimane dopo l’occupazione, con l’uccisione della maggior parte degli occupanti.

 Successivamente, lo Stato saudita inasprì le norme penali sul terrorismo. 

  L’episodio è ancora oggi considerato tabù nell’Arabia Saudita contemporanea. In esso si vuole vedere la prima scintilla che avrebbe innescato l’immenso incendio del terrorismo di matrice islamista divampato a partire dagli anni Novanta.

  Trama

  In una mattina del 1979, il mondo trattiene il respiro. Una truppa di fanatici terroristi occupa la Grande Moschea della Mecca e prende in ostaggio migliaia di fedeli presenti nel luogo santo per effettuare il pellegrinaggio. Fra gli insorti, nascosta sotto abiti maschili, c’è una ragazza, Sarab. La giovane donna è stata allevata come un ragazzo e, in incognito, vestita da uomo, ha seguito il fratello gemello Sayf nel gruppo jihadista, partecipando all’attacco alla Grande Moschea come combattente.  Sarab è pronta a lottare e a morire, se necessario, per cambiare le sorti de regno saudita e dell’intero mondo islamico.

  Quando inizia il contrattacco da parte dell’esercito saudita sostenuto da truppe internazionali, i paracadutisti cominciano a piovere dal cielo e s’ingaggia un’aspra battaglia. La situazione, nel luogo santo, degenera rapidamente nel caos e nell’orrore. Morti e feriti si ammucchiano ovunque, cadono a centinaia gli insorti, i pellegrini, i paracadutisti. Sarab, che ha perduto il contatto con il fratello, fugge nelle catacombe, dove s’imbatte in un giovane ufficiale francese svenuto e ferito.

  Nelle viscere della Grande Moschea, la ragazza, con la pistola in pugno, trascina via il francese attraverso un labirinto di tunnel e si nasconde con lui in una casa abbandonata. Nel rifugio, la jihadista Sarab e l’ufficiale francese Raphael, appartenenti a schieramenti contrapposti, in un primo tempo si detestano cordialmente. Poco a poco, man mano che il giovane francese recupera la salute, l’avversione si trasforma in un rapporto di attrazione-repulsione, e i due iniziano una vorticosa storia d’amore che li porta dal deserto del Najd ai giardini di Parigi.

  I due protagonisti vivono una relazione che trascende tutti i limiti imposti dalla cultura e dalla mentalità saudita, ma viola anche tutte le convenzioni sociali e religiose del mondo occidentale.

  Quando Sarab si allontana inaspettatamente dallo stile di vita saudita, fuggendo dalla Mecca a Parigi, le si apre davanti un mondo nuovo e totalmente sconosciuto, quello europeo. Nell’impatto con la cultura e lo stile di vita francesi, Sarab riesce a mettere in discussione i valori con cui è stata educata, da quelli politici a quelli sessuali.  A Parigi, comincia, così, la metamorfosi di Sarab. Ma anche Raphael, l’ufficiale francese che si innamora di Sarab e vive con lei un’insolita storia d’amore, rivede i valori del proprio mondo.

  A Parigi, nell’appartamento di Raphael affacciato sui Giardini di Lussemburgo, Sarab non può evitare di rivivere il trauma dell’assedio, mentre il giovane, oppresso dal ricordo delle persone uccise durante la cruenta operazione, è perseguitato dall’apparizione di coloro che ha assassinato nel corso di quella e altre missioni.

  Sia Sarab che Raphael sono turbati dal loro passato, e gran parte del romanzo è incentrato sulla relazione antagonista che i due hanno con se stessi e tra di loro.

  Entrambi i personaggi si sono sempre arresi alle correnti della vita senza mai fermarsi a pensare. La reciproca animosità li costringe ad analizzare le scelte, o meglio, la mancanza di scelte, che li hanno condotti a commettere le azioni che ora li perseguitano. L’autrice esamina il tema dell’obbedienza cieca non solo in un contesto religioso, ma anche nell’ambito della vita militare e sociale.

  Nonostante la passione che li unisce, la violenza insita nel carattere di entrambi non tarda a manifestarsi, il passato e le differenze abissali che li separano cominciano ben presto a opprimerli, gettando un’ombra funesta sulla storia d’amore, fino all’epilogo drammatico.

   La scrittura straordinaria di Raja Alem ci racconta una storia d’amore in cui si fondono fede e fanatismo, alienazione e redenzione, per sottolineare l’idea che, per quanto grandi possano essere le distanze che dividono le persone, la passione può unirle, anche se solo per un breve attimo.

   Il ritmo narrativo è sostenuto, e l’autrice si destreggia abilmente tra lo slancio dell’azione e le meditazioni interiori dei personaggi. La scrittura travolgente oltrepassa spesso i limiti di tempo e spazio, riflettendo le tensioni tra le persone, i luoghi e le identità che Sarab incontra o sperimenta. Questi cambiamenti sono spesso bruschi e disorientanti, imitando l’andamento caotico della vicenda della protagonista.

  Questa la trama del romanzo, che utilizza uno degli eventi più noti della storia saudita contemporanea per esplorare il rapporto di amore-odio tra l’Occidente e il mondo arabo.

  L’autrice prende le mosse da un evento storico, puntualmente ricostruito, per poi sviluppare una storia che si allontana sempre più dal punto di partenza. Come in altre opere della Alem, e specificamente nel romanzo Fatma, la narrazione ispirata ai canoni del realismo lascia gradatamente il posto a una scrittura fantastica. Rendendo sempre più labile il confine tra il reale e l’immaginario, l’autrice conduce il lettore nel mondo di Sarab, termine che in arabo, non a caso, significa “miraggio”.

  L’opera esplora anche la tematica della transizione di genere. La protagonista, infatti, è stata allevata come maschio e tale si è sempre considerata, quasi una sorta di copia imperfetta del gemello Sayf. Quando conosce Raphael, però, il personaggio compie la transizione da uomo a donna, appropriandosi della propria femminilità. Questo non è il primo romanzo in cui Raja Alem affronta il tema del confine tra maschile e femminile o tratta il motivo della transizione di genere: nel suo romanzo del 2006, Khatem, una bambina d’Arabia, l’omonima protagonista, ermafrodita, vive in abiti femminili nell’ambito privato, mentre si comporta come un ragazzo in pubblico, e il sesso del personaggio non è chiaro fino all’epilogo del romanzo.

  L’opera, redatta dall’autrice in arabo, circola soltanto nelle traduzioni inglese e tedesca. Raja Alem ha parlato nelle interviste della difficoltà di rendere il suo arabo in inglese. Il romanzo è intriso infatti di folklore arabo, di mitologia, e il linguaggio è ricco di doppi sensi e giochi di parole, che richiedono una spiegazione quando vengono tradotti in un’altra lingua. Il rapporto della scrittrice con le traduzioni delle sue opere in inglese è particolare. I romanzi Fatma e Le mie mille e una notte sono stati scritti a quattro mani con il regista Tom McDonough. In questo processo, Raja Alem scriveva una bozza in arabo, la riscriveva in inglese, quindi la inviava a McDonough, che la riscriveva di nuovo. I due romanzi sono pubblicati a nome di entrambi gli autori, costituendo un modello originale di traduzione e adattamento.

  Sarab è una traduzione senza originale pubblicato: è disponibile nelle traduzioni in inglese e tedesco, ma non in arabo. L’autrice ha iniziato a scrivere il romanzo una decina di anni fa, ma non è ancora soddisfatta del manoscritto arabo: da ciò deriva la decisione di non pubblicarlo.

  Poiché non esiste un originale, è impossibile commentare Sarab come traduzione. Il compito dei traduttori di quest’opera è davvero arduo: è la traduzione infatti l’unico punto di accesso all’originale. Sebbene non sia raro che le traduzioni vengano pubblicate in concomitanza con i testi originali, è notevole che una traduzione venga pubblicata senza un originale. Poiché Raja Alem intende continuare a rivedere il testo arabo e potrebbe non pubblicarlo mai, l’esistenza del romanzo solo in forma tradotta rimette in discussione il rapporto tra originale e traduzione, pone in evidenza la traduzione come resa particolare di un testo, sottolinea il potere del traduttore e mina il primato del testo “originale”.

  L’autrice

  Raja Alem è nata nel 1970 alla Mecca, dove è cresciuta. Proviene da una famiglia di giudici.

  Ha pubblicato i suoi scritti per la prima volta sul quotidiano saudita Riyadh newspaper. Nel 1983 si è laureata in lingua e letteratura inglese presso l’Università King Abdulaziz a Gedda.

 Raja Alem è stata la prima scrittrice a vincere l’International Prize for Arabic Fiction con il romanzo Il collare della colomba, opera in cui descrive la “vita segreta” della città santa della Mecca presentando un mondo di criminalità, prostituzione e sfruttamento dei lavoratori stranieri da parte di un gruppo di imprenditori intenzionati a distruggere le aree storiche della città.

  Della stessa autrice, sono tradotti in italiano i romanzi: Il collare della colomba, Marsilio, 2014, traduzione di M. Avino; Khatem, una bambina d’Arabia, Atmosphere Libri, 2016, traduzione di F. Pistono; Fatma, MR Editori, 2022, traduzione di F. Pistono.

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