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La vela e la tempesta di Hanna Mina

  Recensione di Federica Pistono

  Hanna Mina (Ḥannā Mī´nah), (1924-2018)

  Nato a Latakia, in Siria, nel 1924, da famiglia cristiana, studia come autodidatta per poi dedicarsi all’attività letteraria e giornalistica. Per contrasti politici col regime siriano, è costretto a lasciare il paese, dove torna dopo il 1967 per ricoprire la carica di consigliere al ministero della Cultura.

  Tra le sue opere, alcune tradotte anche in italiano, ricordiamo: al-Maṣābiḥ az-zurq (“Le lucerne azzurre”, 1954); ash-Shirā’ wa l-‘āṣifa (“La vela e la tempesta”, 1965) e Fawqa al-giabal wa taḥta ath-thalǵ (“Sulla montagna e sotto la neve”, 1990); Ḥārat al-Šaḥḥādīn (“Il quartiere Šaḥḥādīn”, 2000); Ṣirā bayna imratayn (“La lotta fra due donne”, 2001), seguito del precedente.

  Hanna Mina è considerato il primo scrittore del mare della letteratura araba contemporanea. Egli racconta del mare come metafora della vita, è la vita stessa nella sua totalità. 

  Si è descritto come uno scrittore di “sofferenza umana e gioia”.

  Ha ricevuto numerosi premi letterari, tra cui l’Arab Writer’s Prize nel 2005 e il  Mohammed Zafzaf Prize nel 2010 (“conferito a Mina in riconoscimento della sua importanza come uno dei più importanti pionieri della letteratura araba”). La vela e la tempesta di Mina è entrato nella ” lista dei 105 migliori libri arabi “, per decisione dell’Unione degli scrittori arabi.    

La vela e la tempesta (Jouvence, Roma, 1993, anno di pubblicazione in Siria: 1966), trad.  M. Alessandra Aprile, a cura di Isabella Camera D’Afflitto e Toni Maraini.

  Latakia, città costiera della Siria protesa sul Mediterraneo, “finestra dalla quale la Siria respira e si affaccia sul mondo, prende e dà, esporta e importa, facendo di questo suo porto uno sbocco per sé e per i suoi vicini che non hanno coste”, patria di marinai e di pescatori, è, nel romanzo, teatro di battaglie politiche e sociali che si intrecciano con il destino del protagonista, Turusi. Le vicende di un porto popolato da marinai, sindacalisti, professori, politicanti e faccendieri, piccoli e grandi, sono descritte sullo sfondo delle grandi trasformazioni storiche del paese: la seconda guerra mondiale, il conflitto coloniale tra Francia e Inghilterra e la nascita del nazionalismo arabo. Ma il vero protagonista è il mare, leggendario e tormentato, descritto con grande intensità lirica e, come per Hemingway, metafora della vita. Con questo romanzo, Hanna Mina inaugura una nuova pagina nella storia della letteratura araba e viene soprannominato “lo scrittore del mare”.

  Il personaggio principale de La Vela e la Tempesta è Turusi, nel quale si rispecchia il dualismo terra/mare. Da un lato la terraferma con la difficile situazione socio-politica, con i suoi soprusi e miserie. Dall’altro il mare, amico a volte violento ma pieno di meraviglie e di mondo sconosciuti. Sullo sfondo c’è Latakia, città portuale del nord della Siria, crocevia di genti, luogo di marinai e faccendieri, travolta dai grandi sconvolgimenti del Paese nei difficili anni che precedono e seguono la fine della Seconda Guerra Mondiale.

  Durante la Seconda Guerra Mondiale, con le truppe inglesi e le forze della Francia sul suo suolo, la sovranità siriana sembra affermarsi, ma l’ingerenza francese continua ad essere preponderante. Solo nel 1946 l’evacuazione può essere conclusa definitivamente e la Siria conquista la vera indipendenza. 

  Perfettamente descritto è il mondo di Latakia in questo momento storico, in cui la vita ardua e faticosa di marinai e pescatori si misura con le mille insidie del mare

 Tramite la narrazione delle gesta di Turusi, l’autore vuole evidenziare i problemi irrisolti di quel tempo: l’arretratezza, l’ignoranza, la corruzione, l’alcolismo, aspetti di una società in crisi. Allo stesso protagonista è capitata una grande sventura: l’affondamento della sua barca, la Mansura, È stato così costretto a terra per lunghi anni, nel caffè da lui stesso costruito. Vive sognando i suoi giorni felici passati in mare e, grazie al suo coraggio e al senso di ribellione, spera di poter tornare a navigare quel mare, suo paradiso perduto. 

 Turusi, infatti, non si sente soddisfatto ed è come in attesa di una nuova partenza. Nel frattempo lavora e vive a stretto contatto con marinai e concittadini. Consente che nel suo locale avvengano discussioni politiche e che si ascolti Radio Berlino. Spesso ripensa alla sua barca, la Mansura, distrutta e inabissata dalla tempesta.

  È molto radicato nel quartiere e nella città, ed è molto sensibile alle problematiche delle persone che conosce e alle vicende politiche della Siria.

  Nel suo caffè e intorno alla sua forte persona si ritrovano lavoratori del porto, abitanti dei quartieri vicini, persone appassionate alle vicende politiche nazionali.

  È infatti storicamente un momento molto delicato, giacché la Siria vorrebbe finalmente liberarsi della presenza ingombrante della Francia colonizzatrice, teme anche l’Inghilterra ed alcuni vedono in un’alleanza con Hitler una strada per l’indipendenza.

 Intorno alla figura del protagonista ruotano gli altri personaggi, che compongono una galleria di figure indimenticabili: Nagiwa, la compagna di Turusi, che ha scelto per lei il nome di Umm Hasan;  Abu Muhammad, aiutante affezionato e leale, che lavora e dorme nel bar;  Abu Amid, appassionato alle vicende politiche, del suo paese;  Khalil al-Ariyan, marinaio, compagno di bevute di araq,  cui ricorre per affrontare il dolore della perdita di un figlio ancora adolescente; il professor Kamil, insegnante di liceo, convinto del fatto che il nazismo sia una maledizione e che un popolo debba conquistarsi l’indipendenza autonomamente;  Abu Amin, squallido e corrotto comandante del porto e Abu Rashid, ricco commerciante, malfattore e sfruttatore dei marinai.

  Il romanzo è estremamente interessante perché consente di conoscere la vita di Latakia, tra gli anni Quaranta e Cinquanta, e fornisce anche più di qualche riferimento sulle sue vicende storiche relative all’indipendenza ed alla fase terminale del Mandato francese.

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