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Abbracciarsi sul ponte di Brooklyn

di Ezzedine Choukry Fishere, Brioschi Editore, 2019, trad. E. Bartuli

Brooklyn Bridge, New York City, U.S. Image: Wikimedia Commons

Recensione di Barbara Benini

Ezzedine Choukry Fishere è uno scrittore egiziano ed ex-diplomatico, nato in Kuwait nel 1966, cresciuto in Egitto, si è laureato all’Università del Cairo in Scienze Politiche. Dopo la laurea ha conseguito il Master in Relazioni Internazionali all’Università di Ottawa e il PHD in Scienze Politiche presso l’Università di Montreal, attualmente vive negli Stati Uniti dove insegna presso il Dartmouth College. Dal 1995 ha pubblicato sette romanzi: The Killing of Fakhreddin, Pharaonic Journeys (1998), Intensive care unit (2009), Abu Omar al Masry (2010), Abbracciarsi sul ponte di Brooklyn (2011), The exit (2012) e All that nonsense (2017). I suoi romanzi sono sempre stati descritti come critici della situazione politica e sociale della realtà egiziana, anche se l’autore ha affermato che in realtà essi trattano della “condizione umana”. Intensive care unit è stato nella long list del Booker (2009).

Dice Marcia Lynx Qualey di Abbracciarsi sul ponte di Brooklyn[1], nella short list dell’edizione 2011 del Booker: “Terrorism and violent resistance have been core themes in Fishere’s novels. This year’s novel, Embrace at the Brooklyn Bridge, doesn’t foreground terrorist violence, but it is a nonetheless a novel of conflicts: of identity, generations, religions, cultures”[2].

Il romanzo racconta la storia di otto personaggi dalle origini arabe, egiziane per essere precisi, residenti negli USA, cui vengono dedicati altrettanti capitoli. Il filo conduttore che li lega è l’essere parenti o ex-studenti del Professor Darwish, emerito docente di Storia dei Paesi Arabi all’Università di New York. Questi ha invitato tutti alla cena di compleanno organizzata in onore di sua nipote Salma, in occasione del suo ventunesimo anno di età. La riunione di amici e parenti sarà anche l’occasione per un addio ufficiale e un tentativo di sistemare alcuni rapporti che il tempo ha deteriorato. Partendo quindi dalle vicende di Darwish, il capostipite della famiglia, fino a giungere a quelle di Salma stessa, che inconsapevolmente viene utilizzata dal nonno come pretesto per sanare le incomprensioni e gli errori compiuti nei confronti dei propri figli, viviamo le vicende umane degli altri sei coprotagonisti e delle loro esperienze migratorie negli USA, del loro modo di adattarsi al nuovo stile di vita occidentale, di rifiutarlo completamente o di accettarlo loro malgrado, con la conseguente sensazione di alienazione che ne deriva.

Abbracciarsi sul ponte di Brooklyn è un romanzo molto interessante. L’autore concentra l’attenzione sulle esperienze migratorie degli otto personaggi, che non a torto potremmo definire gli otto protagonisti, e sulle loro vicende personali negli USA, pre e post 11 settembre. Lo scontro di civiltà, viene affrontato dal punto di vista umano e quindi degli effetti che ha avuto sulle identità degli immigrati arabi residenti negli USA o in procinto di trasferirvisi, come nel caso di Salma. E infatti, la storia d’amore impossibile tra Luqman e Marieke, da cui prende il titolo il romanzo, è uno degli aspetti di questo scontro tra culture: le convinzioni cristiano-protestanti della donna, non si conciliano e non vogliono conciliarsi con l’identità musulmana di Luqman, e i due, pur amandosi profondamente, decideranno di lasciarsi. Mentre l’odio di Dawud, l’ex-combattente palestinese, alla fine si tramuterà in consapevolezza dell’impossibilità di cancellare l’eterno scontro tra gli opposti, Est versus Ovest e viceversa.

La crisi d’identità e le difficoltà di adattamento, che vivono i protagonisti, sono l’altro tema ricorrente lungo gli otto capitoli: il nonno Darwish, dall’educazione anglosassone, troppo rigido nel suo approccio alla vita, rifiuta le proprie origini egiziane; Leila, la madre di Salma, rifiuterà lo stile di vita occidentale per fare ritorno in Egitto; suo fratello Yussef, fiducioso nelle istituzioni occidentali, ne verrà “scottato”; Adnan, trascorre la vita imprigionato in una costante sensazione di inadeguatezza e timore; Rabab, l’avvocatessa combattiva, decide invece di affrontare il mondo a muso duro, in un costante approccio diffidente nei confronti degli occidentali; Rami, anch’egli incapace di adattarsi all’individualismo del modus vivendi occidentale, finirà per perdere i propri affetti. Non a torto, quindi, il Dr. Shakir Abd El Hamid, ex Segretario Generale dell’Alto Consiglio Egiziano per la Cultura, in occasione di un seminario organizzato per discutere i contenuti e le tematiche di Abbracciarsi sul ponte di Brooklyn (13 novembre 2011), rileva “il senso metafisico e i numerosi quesiti di natura esistenziale” che permeano l’intera narrazione.

Chiunque desideri approcciarsi al fenomeno migratorio, sia dal punto di vista accademico, che da quello dell’operatore sociale, il cosiddetto “mediatore interculturale”, dovrebbe leggere questo romanzo, nelle sue 242 pagine vengono rappresentate in modo assai emblematico, le contraddizioni e le crisi di identità, vissute dagli immigrati nei paesi di accoglienza. Pur non fornendo alcuna risposta definitiva, Choukri Fishere suscita però numerosi interessanti quesiti e riflessioni sull’approccio verso “l’altro” e sugli errori di certe politiche di integrazione ed accoglienza degli immigrati, messe in atto dai governi occidentali.


[1] https://www.brioschieditore.it/catalogo-libri/abbracciarsi_sul_ponte_brooklyn.aspx

[2] http://arablit.wordpress.com/2011/11/29/international-prize-for-arabic-fiction-longlist-profiles-embrace-at-the-brooklyn-bridge/#more-7868

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