TRA DUE PORTE di Bader Ahmed

  Recensione di Federica Pistono

Sono isolato tra queste mura, confuso, disorientato, il tempo mi sputa in faccia una storia, brandelli di ricordi di una vita che ho vissuto e di cui non rammento assolutamente nulla. Con tutto me stesso voglio usare il mio tempo, non certo prezioso, per raccogliere i frammenti della mia storia e delle mie memorie, riordinarli, incollarli, collegarli gli uni agli altri, per liberarmi di questa confusione che mi soffoca e ricostruire tutta la mia vita. Voglio sapere perché mi trovo qui, cosa mi ha portato in questa cella, quale delitto ho commesso per meritare questa punizione. Tuttavia, somiglio a qualcuno che sta cercando di incollare i frammenti di una fotografia strappata in mille pezzi, o a qualcuno che tenta di risolvere un puzzle indecifrabile. Sono un uomo perduto, il puzzle rimane insolubile…

  L’autore: Bader Ahmad Ali è un giornalista e scrittore yemenita nato nella provincia Ibb (Yemen) nel 1978. Ha al suo attivo tre altri romanzi, Acqua nera, del 2013, I lupi non mangiano erba, del 2018, e Cinque giorni mai raccontati, 2021.

  Tra due porte

  Un uomo si risveglia un giorno in un luogo chiuso, tenebroso, immerso in un silenzio assoluto, senza sapere dove si trovi, senza capire neppure se l’antro che lo imprigiona sia una cella o un sepolcro. Si rende conto di trovarsi in una cella, un vecchio carceriere gli porta regolarmente i pasti ma rifiuta di comunicargli qualsiasi informazione. Perché il protagonista si trova in quella claustrofobica prigione? L’uomo non ricorda neppure il proprio nome, non rammenta nulla della propria vita. Da quanto tempo si trova rinchiuso in quel luogo tenebroso? E perché? L’uomo non ricorda neppure questo, la sua memoria è cancellata. Non riesce a tenere il conto dei giorni, giacché la cella è troppo buia, non c’è differenza tra il giorno e la notte. Con il trascorrere del tempo, il protagonista rischia di impazzire: brandelli di ricordi, ma anche deliri e fantasticherie invadono a tratti la sua mente, rapidi e devastanti come lampi. Un giorno, all’improvviso, un primo ricordo sensato assale l’uomo: è il suo primo incontro con la morte, nella Beirut della guerra civile libanese, mentre si trova in compagnia della donna amata, Maryam. Da questo primo brandello di memoria, sia pur sottilissimo, il personaggio comincia a percorrere una lunga strada alla ricerca di sé, della propria identità, della propria storia. Alla mente dell’uomo torna il personaggio del conte di Montecristo che, in carcere, aveva la fortuna di un compagno con cui discorrere. Non avendo nessuno con cui parlare, compone con i sassolini che trova sul pavimento della cella una figura umana, cui dà il nome di Anas. Al nuovo amico immaginario comincia a raccontare tutto quello che gli passa per la mente, soprattutto i ricordi, sempre più nitidi. Ricorda il campo palestinese nella valle della Beqʻa in cui si addestrava, tra i Fedayn dell’OLP, la guerriglia che combatteva, il giorno del tradimento, in cui più di duecento compagni sono stati uccisi. Insieme ai ricordi, il protagonista svela ad Anas i suoi pensieri più intimi, discute con lui di marxismo, di filosofia e di politica, rievoca la figura di Rudolf Hess e la sua interminabile prigionia nel carcere di Spandau. 

  Ricordi sempre nuovi affiorano alla sua memoria, rammenta numerosi episodi della guerra Iran-Iraq. Dunque, è stato un combattente, un guerrigliero arabo, un fedayn dell’OLP? Qual è la sua nazionalità? Non riesce a rammentare nulla della propria infanzia. Il ricordo di un viaggio compiuto in Unione Sovietica negli anni Novanta, di un incontro con il presidente sovietico Boris Eltsin per festeggiare l’uccisione di un leader ceceno, gli fa sorgere il dubbio di essere stato un cronista coinvolto in tutti i conflitti del Medio Oriente, oppure una spia, o un sicario.  L’incapacità di ricostruire chiaramente il passato e la propria storia personale, genera in lui attacchi di frustrazione, ira e panico: nel corso di una di queste crisi distrugge l’immagine di Anas che tanto l’aveva aiutato a sopportare la tremenda solitudine e a far emergere scampoli di memoria. Raccoglie i sassolini che formavano la figura umana e li pone in un secchio metallico in un angolo della cella. Proprio in quell’angolo buio e dimenticato, il protagonista scopre per caso il pulsante della luce elettrica: d’un tratto la cella si illumina, non è più un mondo orrido e tenebroso ma una semplice cella stretta dalle pareti solcate di crepe.

  Il rumore dei sassolini nel secchio metallico gli ricorda d’un tratto l’infanzia, giorni trascorsi in una famiglia estranea e crudele, in un paese dilaniato e incendiato dalla guerra. La Palestina, l’Iraq? O forse un paese più lontano, remoto. Lo Yemen? Non riuscendo a ricordare, il protagonista comincia a esplorare le crepe dei muri, nella speranza di allargarne una e fuggire. Osserva con interesse il via vai degli scarafaggi che vengono a mangiare le briciole del suo cibo: entrano ed escono sempre dalla stessa crepa! Si convince che la fenditura sia la via di fuga verso l’esterno: comincia a scavare disperatamente a mani nude, con il solo aiuto di un cucchiaio, seguendo il sentiero degli scarafaggi.  Mentre lavora alacremente, è colto da una colica renale. I dolori della colica gli ricordano un’altra crisi simile di cui ha sofferto in passato, mentre si trovava in una trincea sul confine tra Iran e Iraq, durante la guerra. La mente mette a fuoco quel terribile ricordo, cui se ne aggiungono, a cascata, tanti altri: la storia di un suo amico, le vicende della fine della guerra, il ritorno a Baghdad, un viaggio a Cuba nel 2009. Passata la colica e l’ondata dei ricordi, il protagonista riprende a scavare e raggiunge un passaggio, ricoperto di cemento, che conduce all’esterno.

  Riuscirà il protagonista a recuperare la libertà e a riannodare i fili della memoria?

 Tra due porte è un romanzo ricco, intelligente, denso, che affronta il tema dell’identità e della ricerca di sé in modo innovativo e intrigante. Attraverso l’espediente della perdita della memoria, il protagonista inizia un viaggio introspettivo nei meandri della propria mente e nelle ombre di un passato oscuro, sanguinoso. Il lettore comprende ben presto che la perdita della memoria non è altro che il risultato di un profondo trauma psicologico: un tragedia durante l’infanzia, talmente insopportabile da essere cancellata dalla mente, e la costante partecipazione alle guerre di tutto il mondo arabo, dal Libano, alla Palestina, all’Iraq. Notevole l’abilità dell’autore nel portare avanti la narrazione attraverso la tecnica dei “lampi di memoria”, che illuminano alcuni brandelli del passato del personaggio, lasciando in ombra tutto il resto.

  Il personaggio si trova tra due porte chiuse, quella del passato scivolato nell’oblio e quella del futuro imperscrutabile, ma anche stretto tra due esigenze vitali: ricostruire la propria identità e la propria storia come pure sopravvivere in una situazione disumana, fatta di prigionia, tenebre, stenti, torture, mancanza di informazioni sul passato e sul futuro.  Il tentativo di ricordare il passato è anche un tentativo di evadere dall’oscurità e dall’angoscia della cella per risolvere un enigma insolubile.

  Il lettore accompagna il protagonista nel suo viaggio oscuro alla ricerca di sé, lo osserva collegare date, volti, eventi, luoghi e perfino odori, incastrando un elemento nell’altro per ricomporre il puzzle indecifrabile, lasciando però all’immaginazione del lettore spazio sufficiente per completare la storia. Come scava a mani nude nel muro il passaggio verso la libertà, così il protagonista si apre la strada verso la rivelazione finale sulla propria identità. Quello che è interessante notare, è la consapevolezza che il personaggio raggiunge alla fine della storia: non è importante la nazionalità, il protagonista è un arabo e, come tale, esposto alle guerre e ai lutti. Che poi sia libanese, palestinese, iracheno o yemenita poco influisce sulla realtà della vita.

   L’espediente del “flusso di coscienza” appare una scelta narrativa appropriata anche per descrivere alcuni drammatici conflitti del mondo arabo contemporaneo. Interessanti le narrazioni riguardanti i campi di addestramento dell’OLP, gli inserti sulla guerra civile libanese, e soprattutto la rievocazione della recente storia irachena.  L’autore possiede un’approfondita conoscenza delle recenti vicende del mondo arabo, soprattutto di episodi legati a battaglie e tradimenti, e la sfrutta abilmente per tessere una trama avvincente, dal ritmo incalzante, e per offrire al lettore una miniera di informazioni di carattere storico, geografico e politico sui paesi arabi al centro della narrazione.

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