La situazione morale nell’anno 2100 di Wajdi al-Ahdal

Introduzione e traduzione dall’arabo di Amira Kelany

Ne La Strada dei Ristoranti, un piccolo scorcio di Yemen che attraversa Sana’a con profumi, rumori e gente d’ogni classe e professione, Wajdi al-Ahdal compone un delicato e ironico puzzle di racconti i cui protagonisti hanno in comune principalmente un elemento, il surreale. In uno Yemen in piena devastazione,  guerra, carestia e colera, si stima che fra il 2015 e il 2018 il conflitto abbia mietuto quasi 20.000 vittime, fra morti e feriti e, che nello stesso periodo, dato di Save the Children, all’incirca 85.000 bambini siano morti di fame e che nel 2017 il colera si propagasse con una media di 5000 casi al giorno, al-Ahdal soppesa il valore della vita umana, in un paese pervaso da una distopia valoriale, peraltro accuratamente analizzata nonostante la brevità del testo. Lo scrittore tenta, riuscendovi appieno, compiendo un’operazione che denota una padronanza letteraria fuori del comune, di indurre chi legge a riflettere spingendolo a criticare, criticarsi e proiettare sul testo se stesso come protagonista. Vari eventi, diversi personaggi e riflessioni filosofiche popolano la Strada dei Ristoranti, che diventa il teatro nel quale Wajdi al-Ahdal batte i dodici ciak dei racconti di questo testo/teatro equamente infarcito di onirico, amarezza e sarcasmo.

Wajdi al-Ahdal non di rado incorpora a elementi strettamente temporali, materiali o pagani afflati di mistica religiosa, ma in questo caso non ne fa esclusivamente una tecnica narrativa finalizzata a disegnare lo Yemen contemporaneo, piuttosto rende la tecnica stessa protagonista del racconto, ossia La situazione morale nel 2100

In più occasioni al-Ahdal ha dichiarato di partire dal realismo della narrazione, situazioni reali in un tempo reale, per poi lasciarsi guidare dalla fantasia di miti, leggende, visioni ed elucubrazioni chimeriche nella volontà di assolvere all’imprescindibile ruolo sociale ed educativo dello scrittore, è proprio questo ciò che accade in questa raccolta. In particolar modo in questo breve racconto che ho deciso di tradurre, grazie anche all’aiuto dell’amico Wajdi al-Ahdal, il quale mi ha personalmente inviato questo estratto, ben lieto che queste sue parole, ancora mute per il nostro pubblico, potessero salpare dalle Rive arabe.

LA SITUAZIONE MORALE NELL’ANNO 2100

di Wajdi al-Ahdal

Traduzione dall’arabo di Amira Kelany

Ero seduto in una meravigliosa caffetteria, sulla Strada dei Ristoranti, a sorseggiare il mio torbido caffè con il latte e osservare la gente con ribrezzo, i miei lineamenti venivano costantemente deformati dal suo abominio e la lingua mi ribolliva da mattino a sera di sarcasmo. Nessuno osava sedersi al mio tavolo, perché non ero cerimonioso con nessuno e per ciascuno sentenziavo la sola verità.

 Ho visto una folla di persone a lutto per un morto del quale stavano tessendo le lodi e mi sono accompagnato a loro, unendomi ai loro encomi. In primo piano un uomo, basso di statura ed esile come un fuscello, di oltre cinquant’anni, portava fra le braccia il defunto, avvolto in un sudario bianco. Gli ho chiesto chi fosse il morto … mi è stato risposto che il morto era una “tubatura fognaria”. Mi ha reso entusiasta che l’umanità avesse raggiunto finalmente un livello di progresso e sviluppo tali da trattare i manufatti industriali, che avessero dedicato l’intera esistenza al nostro servizio, in maniera onorevole.

L’uomo di mezza età che trasportava la tubatura fognaria piangeva amaramente, le lacrime a scorrergli sulle guance come due fili che penzolavano da sotto il mento ben rasato, mentre i suoi baffi sottili e finemente tagliati a protendere dal volto come un’insegna al neon tremolante per le lacrime che ne bagnavano i peli, a riflettere il sole di mezzogiorno. La bocca spalancata, che mi permetteva di vedere i denti marrone scuro. L’uomo afflitto ha cominciato a enumerare, con tono straziante, le virtù della condotta fognaria: «I suoi tubi … tu, vent’anni di indefesso lavoro, non ti sei mai presa una vacanza, non ti sei mai sentita male e mai hai chiesto che l’idraulico ti venisse a visitare in servizio … Oh mia tubatura delle origini, oh figlia di nobile stirpe e lignaggio, oh mia tubatura più cara al mio cuore di quanto non lo sia mia moglie … tu alla quale ho svelato le mie parti intime cinque o dieci volte al giorno e la cosa altro non faceva che onorarti, come non onorava la mia riluttante moglie … quanta nobiltà in te mia tubatura, hai accolto le mie lordure con docilità e cortesia, senza mai lamentartene. Tonnellate di sporcizia ti hanno attraversata e non mi hai mai chiesto nulla in cambio, sei più nobile di qualunque essere vivente … per tutto ciò che mi hai dato non esisteranno mai sufficienti parole perché possa ringraziarti, checché io ti lodi … giuro che sei più cara al mio cuore di qualunque altra creatura sulla faccia della terra».

 Dopo aver ascoltato le sue parole abbiamo pianto, abbiamo inzuppato i fazzoletti con i fiumi di lacrime che scendevano dagli occhi come rubinetti aperti. Le sue parole erano commoventi e lasciavano trapelare il fatto che avesse ricevuto un’istruzione superiore. Ho appreso in seguito che l’uomo in lutto per aver perso la sua condotta fognaria, ricopriva una posizione di rilievo in un dipartimento governativo, lavorava in qualità di direttore delle risorse umane, “affari del personale” attenendosi a una terminologia dei più anziani.

 Grondavamo sudore come pioggia, quel giorno il sole non si era dimostrato clemente nei nostri confronti, e il suo risplendere coloriva di giallo tutto ciò che ci circondava, come stessimo nuotando in un mare di sabbia. La maggior parte di noi indossava abiti neri, adatti all’occasione. Quando eravamo giunti nei pressi del cimitero di Khuzayma un’auto in corsa ha investito un bambino di un’età compresa fra i quattro e i cinque anni, l’autista è fuggito lasciando il bimbo a morire sull’asfalto intriso di sangue. Il solenne corteo funebre ha proseguito verso il cimitero, noncurante del bambino che abbiamo calpestato, imprecando contro sua madre, la sgualdrina che aveva messo al mondo un essere inutile la cui esistenza avrebbe potuto essere solo un danno per la nostra civiltà, perché, fuori d’ogni dubbio, meno giovevole di cavi elettrici e condotte fognarie. Un brivido di gioia ci ha attraversati quando siamo venuti a conoscenza che quell’inane ragazzino aveva definitivamente perso lo scintillio dello sguardo, incontrando il suo ineluttabile destino.

 La tubatura si è guadagnata un’ampia sepoltura, e una grande lapide in marmo sulla quale era stata vergata la sua intera virtuosa biografia, dalla data di fabbricazione sino alla data della sua rimozione e morte. L’uomo devastato dalla perdita del sangue del suo sangue, la tubatura, era in piedi, alla testa della sepoltura, per ricevere le condoglianze. Nel momento in cui è stato il mio turno di stringergli la mano e comunicargli la mia vicinanza, il suo cellulare ha squillato e se lo è portato all’orecchio, io accanto a lui ad aspettare che concludesse la telefonata. Quando ha chiuso nei suoi occhi baluginava un sottile piacere. Concluse le cerimonie funebri, e andati via gli addolorati partecipanti, l’ho seguito e siamo usciti assieme dal cimitero di Khuzayma, ha fatto una telefonata e da questa ho capito che sua madre non stesse così bene.

 Sono stato assalito dalla curiosità, gli ho chiesto cosa avesse mutato il suo umore così repentinamente, da triste e malinconico a ottimista e felice. Mi ha risposto che era stato per merito dei vicini di casa della madre, che lo avevano chiamato, durante le esequie, per informarlo della sua dipartita, pertanto, concluse le orazioni funebri per il suo adorato condotto, si era precipitato a contattare l’obitorio della facoltà di medicina perché ricevessero la sua salma. Mi ha spiegato che aveva venduto il corpo di sua madre, mentre era ancora in vita, molti anni addietro, ottenendo esclusivamente la metà del prezzo concordato, e che adesso, dopo la sua morte, aveva diritto a riscuotere il restante credito.

Non nascondo di essere rimasto fortemente impressionato dal suo spiccato spirito per gli affari, dai suoi alti ideali patriottici, dal suo riguardo per i vessati manufatti di fabbrica e dal suo disprezzo per le insulse creature umane.

Gli ho chiesto se avesse già pianificato il lutto di quaranta giorni per la madre, mi ha risposto di no, ma mi ha invitato a partecipare alla cerimonia che avrebbe organizzato alla fine dei 40 giorni di lutto per l’anima della sua adorata tubatura fognaria. Mi ha detto, a giustificazione del suo comportamento, che sarebbe potuto sembrare immorale, agli occhi di qualche folle, che sua madre era stata un peso per la società nell’arco della sua intera vita, in quanto alla conduttura aveva svolto un ruolo fondamentale nel servire la comunità tutta, contribuendo al suo benessere.

Ero così felice che ci fossimo finalmente liberati di quei desueti valori che ponevano l’uomo al di sopra di oggetti utili, mi sentivo orgoglioso di essere nato in un’era dai propri indirizzi etici che restituivano alle produzioni industriali il loro corretto valore. Guardavo indietro con disdegno a quelle epoche retrive che osannavano l’essere umano, ponendolo in una posizione di superiorità rispetto a tutto e tutti.

 Oggi soppesiamo il valore delle cose in base alla loro utilità, per questo conosciamo i limiti dell’utilità umana e la realtà del suo modesto valore fra tutti i beni del mondo.

L’uomo, la cui tubatura fognaria aveva abbandonato questo mondo mortale, ha sospirato, poggiandomi una mano sulla spalla e dicendo, mentre aggrottava le sopracciglia a conferirgli un’espressione molto grave: «Se i dipendenti statali lavorassero come le condotte fognarie, il nostro paese starebbe mille volte meglio».

Ho concordato con lui, restando in silenzio ad ammirare quella preziosa verità che da lui avevo appreso.

All’incrocio delle strade ci siamo stretti calorosamente la mano e scambiati i numeri di telefono. Sua signoria mi ha promesso che avrebbe chiamato la nuova condotta fognaria, che sarebbe stata installata in bagno, con il mio nome, in onore della nostra conoscenza, poi se n’è andato per la sua strada.

Me ne sono tornato al bar per continuare a indugiare nel mio passatempo preferito, guardare le persone con disgusto e mormorare improperi contro le loro madri.

Dalla raccolta di racconti “La gente della Strada dei Ristoranti”, Fondazione Arweq; Il Cairo 2017.

Per informazioni sulla reperibilità del testo contattare: arweqhhhh@gmail.com

Via social

https://www.instagram.com/arweqhhhh/?hl=en

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